Lo Stadio di Firenze

Quando nel 1999 iniziammo la progettazione del nuovo stadio per l’atletica leggera di Firenze a campo di Marte, poi intitolato al Marchese Ridolfi, mi resi conto di due cose: la prima era che il nostro sarebbe stato il primo stadio realizzato nel XXI secolo in Italia; la seconda era la necessità di dialogare con “lui”, lo Stadio Franchi di Pier Luigi Nervi, da cui ci distanziavano solo 50 metri.
La soddisfazione di quel lavoro passa attraverso la stretta collaborazione con il Comune di Firenze e la FIDAL, così come attraverso le soluzioni architettoniche, strutturali ed ambientali che ci portarono a prediligere un inserimento ambientale lineare, rispettoso del luogo e più basso delle chiome degli alberi circostanti, e che risultarono ben gradite sia ai fiorentini che agli atleti ed al pubblico sugli spalti.
Oggi, venti anni dopo l’inaugurazione del “Ridolfi” e trenta anni dopo i lavori di modifica che furono necessari per i mondiali di Italia ‘90, con grande coraggio il Comune di Firenze si appresta a ri-progettare e ri-pensare il grande capolavoro di Nervi, a cui ovviamente dedichiamo il box sottostante.
Pochi giorni fa è stato presentato dal Sindaco di Firenze il progetto per il restyling dello Stadio Franchi, a seguito del concorso vinto dallo studio Arup, guidato dall’arch. David Hirsch; ma chiamarlo semplicemente restyling è sicuramente troppo riduttivo.
L’elemento saliente dell’intervento, che sarà finanziato con i fondi del Recovery Fund, è una copertura da porsi sopra le storiche tribune avente la forma di una sottile lama metallica rettangolare. L’impatto visivo del progetto a mio giudizio è veramente emozionante: la copertura sembra levitare senza peso sopra le tribune disegnate da Nervi, ed è indubbiamente pensata per ridurre al minimo l’impatto sia sullo skyline del vecchio stadio, che dell’intero quartiere circostante, in ossequio all’eleganza ed all’orizzontalità del progetto di Pier Luigi Nervi.
All’interno dell’arena verranno realizzati i nuovi spalti per il pubblico, ma senza demolire quelli preesistenti, né modificando il disegno originale dei prospetti: come conseguenza di tale scelta, la copertura coprirà tutto il perimetro della vecchia struttura rastremando il suo spessore verso l’interno fino al bordo del campo da gioco. Alzando gli occhi dagli spalti verso la copertura, l’impressione è quella di un continuum spaziale tra il disegno della copertura di Hirsch e quella della tribuna dello Stadio Flaminio di Roma, come se questa fosse un aggiornamento temporale e tecnologico di quanto realizzato da Nervi per le Olimpiadi del 1960. Come se quanto detto non fosse sufficiente, un varco nella forte orizzontalità della copertura permette alla Torre di Maratona di svettare in altezza, forse ancora più di quanto già non facesse in passato. Standing ovation e applausi ai progettisti.
Ma è verso l’esterno che si ammira la vera innovazione: la copertura progettata, infatti, si prolunga oltre le due curve realizzando delle ampie aree ombreggiate, così valorizzando sia gli spazi tra le nuove e vecchie tribune che il sistema di ospitalità, e restituendo nuova qualità e comfort all’impianto.
Nello spazio che si genera tra le due curve (quella nerviana e quella di progetto) si creano nuove aree, in cui sono previste un’area museale in Curva Ferrovia ed un Auditorium in Curva Fiesole.
Ovviamente, anche e soprattutto per le esigenze economiche necessarie al futuro utilizzo dell’impianto, il progetto non si limita al solo Stadio Franchi, ma interviene sull’intera area di Campo di Marte attraverso il progetto di un “parco urbano”.
Il parco è rappresentato come un grande foglio rettangolare che si solleva ai lembi estremi, dando così vita a nuovi spazi, sia costruiti che all’aperto. Il principio utilizzato dai progettisti interpreta il Campo di Marte definendolo come un “foglio naturale” che diviene elemento di ripristino del paesaggio mitigando il consumo del suolo, e ricoprendo l’intera estensione con un parco urbano fruibile tutto l’anno con diverse funzioni. L’elemento fondante dell’approccio architettonico di progetto è l’integrazione delle nuove volumetrie del nuovo assetto del grande parco attrezzato, cercando il minimo impatto nei confronti del vicino centro storico, sito UNESCO.
L’edificio costituito da questo tetto verde contiene un polo ricettivo e direzionale di 5000 mq di superfici per ciascuna destinazione. Il polo commerciale, anch’esso di 5000 mq di superficie, dialoga invece ad ovest con lo stadio ed il mercato rionale ed a nord con le aree residenziali. I percorsi principali del nuovo parco attrezzato sono curvilinei e attraversano la parte centrale più bassa affiancati da un filare di alberi che nella sua fioritura emette colori tendenti al viola.
L’inizio dei lavori del nuovo Stadio di Firenze è previsto nell’autunno del 2023, e la fine lavori entro il 2026.

 

 

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La Torre di Maratona

Correva l’anno 1930, e l’ing. Nervi ricevette l’incarico di progettare lo Stadio Berta, poi ribattezzato “Artemio Franchi”, dal Comune di Firenze. La città da un paio d’anni era diventata un enorme cantiere, seguendo i dettami del rinnovamento voluti dal Fascismo. Il concorso per progettare la stazione ferroviaria di Santa Maria Novella era stato vinto da un gruppo di giovani sconosciuti, capeggiati dall’arch. Giovanni Michelucci. A loro si affianca l’arch. Angiolo Mazzoni, che completa la loro opera progettando il palazzo delle Poste ed il deposito idrico. Razionalismo connubio di futurismo e costruttivismo, la città viene ammodernata dai piani di risanamento dei quartieri Santa Croce e San Frediano, oltre che dalla destinazione d’uso sportiva dell’area di Campo di Marte.
Ed è qui che il quarantenne ingegnere (che aveva firmato 10 anni prima il suo primo progetto in cemento armato, il ponte sul fiume Cecina a Pomarance, e 5 anni prima la copertura apribile – sempre in cemento armato – del Teatro Politeama di Prato) vince il concorso per lo Stadio Berta.
La raffinatezza strutturale delle scale elicoidali e della “Torre di Maratona”, inserite nella sottile linearità degli scarni prospetti che mantengono la struttura portante totalmente a vista, attirano su Nervi il plauso e l’interesse internazionale, facendolo diventare simbolo vivente delle nuove linee architettoniche italiane dell’epoca.

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