07.02.2021

Sportivando

Chi pagherà i costi della riforma?

Dalla rivista Primato, febbraio 2021.

Oltre la pandemia, provvedimenti che rischiano
di mettere in ginocchio l’intero comparto

La copertina della nostra rivista racconta di Pandora, una goletta che richiama alle imprese marinare dei Secoli scorsi. Due alberi, la vela di maestra e quelle di trinchetto. È ancorata al porto di Genova e, sul pennone, sventola la bandiera ASI, pensate. Lo scopo è quello di insegnare ai giovani marinai e ai più piccoli come si andava, una volta, per mare. Nella rivista che avete tra le mani troverete la storia di questa barca che farà venire in mente, ai più, racconti di un tempo passato… Nello scrivere questo editoriale non posso, invece, non pensare a una nave che solca mari oceanici. Ma in tempesta. Facile l’allegoria, quella figura retorica per cui, in letteratura, qualcosa di astratto viene espresso attraverso un’immagine concreta. Difficile non proiettare il pensiero al Paese e al nostro comparto che sta solcando acque in burrasca, tempestose. Colpa della pandemia, delle scellerate e affannose scelte governative, di un sistema che, bisognoso di riforme concrete e non di facciata, non ha saputo reggere botta all’emergenza se non per il coraggio di chi ne fa parte. E, a differenza della nostra Pandora, dove sul cassero c’è una giovane comandante che domina il ponte di coperta, nella plancia, dove vengono tenute le dotazioni nautiche utili per la condotta della navigazione timone, bussola e radar – non c’è nessuno al comando.
Cancellato un Ministero, il Governo Draghi ha avuto l’ardire di affrontare l’annoso tema delle riforme strutturali dello sport senza nemmeno un Sottosegretario. In questo stato di incertezza sono stati approvati i decreti figli della Legge delega per l’attuazione della riforma dello Sport.
Con il cambio della guardia a Palazzo i decreti sembrava potessero finire nel cestino e, invece, saltando anche la tappa delle commissioni parlamentari e senza un vero consulto con il mondo dello sport, sono stati approvati repentinamente dal Consiglio dei Ministri. Un ultimo colpo che un comparto, già in uno stato di profonda emergenza, rischia di non riuscire a sopportare…

Il lavoro sportivo
Nella nobile causa di tutelare i lavoratori, ad esempio, il rischio molto forte è ora di veder scomparire i datori di lavoro che non po- tranno sopportare i costi scaturiti dai prov- vedimenti legislativi.
Era sicuramente un affare ambizioso e atteso, quello di mettere mano alla questione dei lavoratori sportivi, figure assai preziose per l’intero sistema. Un fronte che ci ha visto da sempre in prima linea. Ma il Governo non ha tenuto conto della necessità di sostenere questo complesso processo di riforme con adeguate risorse. I maggiori oneri non possono essere a carico di chi organizza lo sport. Altrimenti, a pagare veramente, saranno ancora una volta associazioni e strutture già a un passo dalla chiusura. Regolamentare la figura del lavoratore sportivo equiparandola a quella di un dipendente, avrà l’effetto di generare maggiori costi per il gestore. Non è difficile immaginare una contrazione anche degli accessi alle strutture da parte dell’utenza, sulla quale potrebbero ricadere, del tutto o in parte, i maggiori oneri, in barba alla primaria esigenza di stimolare ogni singolo cittadino a fare attività fisica.
Come già scrivemmo, lo sport è un settore caratterizzato da una rilevante specificità tale da richiedere e giustificare, invece, un inquadramento ad hoc che, pur garantendo le dovute tutele al lavoratore, consideri la peculiarità del contesto e la funzione sociale del comparto. Siamo di fronte, nell’assordante silenzio delle massime istituzioni sportive e in assenza di un Ministero dello Sport, a provvedimenti di facciata i cui oneri graveranno sulle spalle delle associazioni sportive già in ginocchio per la crisi.
Pandora continua a solcare i mari malgrado la tempesta. La nostra gente non si arrende nonostante tutto. Non è solo speranza (così spesso tradita da visioni miopi, di parte e prove di incompetenza sulle dinamiche che muovono il nostro comparto) quella speranza rimasta custodita nel vaso di una mitologia lontana. È quella forza, la nostra, che ancora continua a farci credere in un presente e in un futuro migliori. E a batterci per questo.

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