09.05.2022
A te Ciotti
Dalla scomparsa del Grande Torino, a Silvio Gigli e Corrado Mantoni, alla nascita del Calcio Minuto per Minuto fino ai giorni nostri e l’avvento delle radio private. Emozioni che si rinnovano.
Quando il Torino se ne andò – nel pomeriggio del 4 maggio 1949 – accompagnato dalle lacrime di un intero Paese che ancora sapeva piangere – di lí a pochi giorni avrei compiuto dieci anni eppure ero saturo di morte, scampato alla guerra vissuta intensamente sulla Linea Gotica, fra gli amici/nemici tedeschi già nostri alleati e gli Alleati nuovi – americani, inglesi, australiani, indiani, russi, polacchi e ahinoi marocchini – che avevano distrutto (fuoco amico, si dice) la mia Rimini, Cassino e mezza Romagna. Italo Cucci nell’articolo di Primato.
CORRADO E SANREMO – Non fu solo mia scelta, ma di tutta la famiglia, se la radio si sintonizzò sempre più decisa sulla musica e sulle risate: prima il maestro Angelini, Achille Togliani, Gino Latilla, Carla Boni, la voluttuosa Nilla Pizzi che occupò i loro cuori per amore e per odio, dunque Sanremo; eppoi Silvio Gigli – “Botta e risposta” – e Corrado Mantoni, gli inventori della radio moderna. A Corrado, primo conduttore ufficiale della radio italiana, toccò l’incarico di annunciare la storia: dapprima la fine della Seconda Guerra Mondiale poi la vittoria della Repubblica sulla Monarchia (il vero Derby del Secolo, 2 giugno 1946). E finalmente allegria, prima di Mike Bongiorno, con”Oplà” e “Rosso e nero”, valletta Sofia Loren, bellezza italica assoluta. Senza “h”.
IL DIVO ZAVOLI – Finché un giorno nacque “Tutto il calcio Minuto per Minuto” che mi riportò al pallone pur senza il Toro che avevo abbandonato una domenica quando vidi alla “Settimana Incom” il giocatore Enzo Bearzot entrare in campo con la maglia granata sulla quale era scritto “Talmone Torino”. Sacro e profano. La trasmissione di “Tutto il calcio” era nata nel 1959 – ufficializzata alle 15.15 del 10 gennaio 1960 – nella redazione del Giornale Radio di RadioUno dalla fantasia di due romagnoli che mi fecero sentire subito a casa: il forlivese Guglielmo Moretti e il riminese Sergio Zavoli; conduttore principe Roberto Bortoluzzi, uomoradio per eccellenza. La più popolare trasmissione radio di tutti i tempi toccò ascolti incredibili, fino a 25 milioni di appassionati quando nacque la mitica radiolina: fu la Sony a introdurre la prima radio a transistor – detta anche tascabile per le sue ridotte dimensioni – alimentata da una piccola batteria che durava a lungo.
AMICI MIEI – Il ricordo di quei tempi (una fantastica giovinezza accompagnata da grande musica – Sanremo, canzoni italiane, francesi e americane memorabili, il jazz di Louis Armstrong, Duke Ellington e Charlie Parker – magiche letture di Steinbeck, Hemingway, Sartre, Camus, Pasolini; primi viaggi americani e primi amori) sfocia nell’attualità ancora viva perché la scelta di fare il giornalista mi portò prima ad avvicinare timidamente le Grandi Voci della radio eppoi a vivere insieme a loro, provando la strana sensazione di essere un ragazzino pronto a chiedergli un autografo. Conobbi Moretti, severo e un po’ distante (lo ritrovai a Roma, nei Novanta, in una tivù privata, polemico e divertente), Roberto Bortoluzzi (col quale scambiai solo un saluto di persona e qualche telefonata di servizio) e Sergio Zavoli che diventò come un idolo da imitare, m’incantò, più tardi mi fece debuttare in tivù al ‘Processo alla tappa” e mi affidò a Enzo Biagi direttore del Carlino: per sempre un fratello maggiore. Toccai il top della sbornia quando incontrai Enrico Ameri e Sandro Ciotti, certo quelli che avevano ispirato la piccola Rita Pavone che cantava “Perché, perché la domenica mi lasci sempre sola per andare a vedere la partita”; o solo per seguirla con le voci dei due amici/nemici spesso litigarelli durante le radiocronache.
A TE CIOTTI – Enrico la voce più bella di tutti i tempi, il cronista che arrivava prima del pallone, era un generoso fascista maturato nel campo di concentramento di Poltano insieme a Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello, Walter Chiari, Dario Fo, Giuseppe Dordoni, Mauro De Mauro, Enrico Maria Salerno, Vito Mussolini e… Ezra Pound rinchiuso in una gabbia giorno e notte, all’aperto, sotto il sole e la pioggia. Sandro Ciotti, figlioccio di Trilussa, era un giornalista di buona cultura, politicamente distante da Enrico ma senza partito (e tuttavia laziale…), aveva studiato violino, aveva giocato a pallone da professionista nell’Anconitana e nel Forlì, passando poi al giornalismo nella “Voce repubblicana” e al “Giornale d’Italia” fino all’ingresso in Rai. Si detestavano – come ho detto – Enrico e Sandro ma quando viaggiavamo, in Italia o in giro per il mondo, giocavano a scopetta ore e ore, in hotel, nelle stazioni, in treno, negli aeroporti, continuando a darsi carte e a sacramentare anche ai controlli di polizia eppoi sull’aereo usando come tavolo una valigetta. Ho vissuto quelle stagioni come in un sogno, spesso invitato in cabina rai a commentare con loro la partita, cominciando d’allora i miei tanti anni di collaboratore di RairadioSport con Riccardo Cucchi, Filippo Corsini, Walter Gorietti, Antonio Doddi e la mitica regista Ombretta Conti. Anche con Alfredo Provenzali che completava la lista delle Voci aperta da Ezio Luzzi, quello che dai campi cadetti interrompeva le cronache della A gridando i gol.
L’ALBO DEI RICORDI – Anche se ho trascorso ore ai microfoni delle radio private fin dalla loro nascita, sostenute e protette dal mio Guerin Sportivo, Radiorai resterà per sempre la mia famiglia e voglio ricordarli uno per uno, i compagni di vita con i quali ho “giocato” per decenni campionati e Mondiali. A partire da Nicoló Carosio, con il quale ebbi scontri epocali, e Nando Martellini, il vero grande amico che mi affidò sua figlia Simonetta, prima al Guerin poi voce femminile di Radioraisport con Nicoletta Grifoni e Donata la Rai. Aggiungo subito Adone Carapezzi, il signor Giro d’Italia che sotto la tuta azzurra portava un immenso foulard con il Fascio Littorio dorato; e Mario Giobbe, mio coetaneo, la voce di studio più elegante, grande organizzatore; Rino Icardi il poeta cavaliere; Paolo Carbone, l’uomo dei numeri; Piero Pasini, Forza Bologna, il supercronista di cuore che per primo raccontò la strage degli atleti ebrei all’Olimpiade di Monaco ‘72 e morí allo stadio Dall’Ara raccontando un gol; Tonino Carino, la voce marchigiana dell’Ascoli, l’inventore Di Costantino Rozzi; Mario Gismondi, il cantore della cadetteria; poi Nuccio Puleo, il catanese che NON gridò “clamoroso al CIbali!”; Everardo Dalla Noce, ribattezzato Bellavoce da Enzo Ferrari; l’immaginifico satireggiante Beppe Viola; Luca Liguori , in punta di voce e di penna; l’ispirato Claudio Nesti; Bruno Gentili, il Competente; Massimo De Luca, il Bravo Presentatore; Luigi Coppola, il sardo severo e inappuntabile; Mario Vannini, l’autorevole toscopalermitano; Livio Forma, il prode valdostano; Emanuele Dotto, il signor Sapienza; Giovanni Scaramuzzino, bici e palla emozionanti; e ancora il felice narratore Claudio Ferretti figlio del leggendario Mario; Tonino Raffa il favoliere dello Stretto; Emanuele Giacoia, la voce più bella; Andrea Boscione, più Toro che Juve; Gianni Vasino, il genovese di Ferrara; Cesare Castellotti, al successo come gran figurante di 90 esimo in tivù; Antonello Orlando pococontento; Ugo Russo in arte Demi’s Roussos; Francesco Pancani erede di Gianfranco.
FINO A IERI – E un amarcord recente dedicato ai colleghi con i quali ho lavorato per anni finché un direttore bizzoso mi ha fatto fuori (trombato per contrappasso pochi mesi dopo!): Giulio Delfino vroom vroom, Giuseppe Bisantis superveloce, Massimo Barchiesi tuttobasket, Maurizio Ruggeri l’enciclopedico, Paolo Pacitti e i dolori del rugby, Nico Forletta fra Max e Valentino, Stefano Tura nato al Guerino e trapiantato a Londra, Paolo Paganini Sampdoria e fuga. So che ne dimenticherò tanti, in compenso una nota speciale per Francesco Repice, degno erede di Ameri; Antonio Monaco, la voce d’Abruzzo, colui che mi fece ritrovare l’amicizia con Maradona a Monaco 2006; Alessio Maldini, la memoria per tutti; Massimiliano Graziani, narratore rivelazione; Roberto Gueli, cosí giovane e cosí direttore; Carlo Verna, colui che a Sudafrica 2010 gridò Usigrai invece di Uruguay e ebbe in premio la presidenza dell’Ordine dei giornalisti. E per finire, omaggio a Filippo Corsini per avermi fatto vivere Radioanchio lo Sport che mi ha dato voce.
Sapete cosa vuol dire entrare in un bar qualunque di un luogo qualunque, ordinare un caffè e sentirsi dire da uno che non ti ha mai visto “Ma lei è quello della Radio!”? Mi sono sentito Frank Sinatra. The Voice.
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