14.11.2023
Al centro di una tempesta perfetta
Dalla rivista Primato, ottobre-novembre 2023.
Ci eravamo dati sei mesi di tempo, pubblicamente, per valutare la messa a terra e i correttivi su una riforma che disciplina in maniera unitaria la figura del lavoratore sportivo.
La riforma dello Sport è arrivata al termine di quella che possiamo considerare una “tempesta perfetta”, dopo l’emergenza Covid e la guerra in Ucraina, che ha avuto forti ripercussioni sui mercati dell’energia e sulla volatilità dei prezzi.
Pur sposando lo spirito propositivo del legislatore e ben conoscendo la visione illuminata e prospettica di questo Governo sullo ‘sport per tutti’, è infatti pacifico che la riforma presenti delle criticità, denunciate e legate ai maggiori oneri per associazioni e strutture sportive già in grande sofferenza.
Ci eravamo dati sei mesi di tempo, pubblicamente, per valutare la messa a terra e i correttivi su una riforma che disciplina in maniera unitaria la figura del lavoratore sportivo. Sempre guidati da quello spirito critico necessario a contribuire a quelle deviazioni di percorso necessarie a rendere sempre più compatibili due esigenze: la dignità del lavoratore sportivo e quella di affrontare le problematiche legate ai maggiori oneri per le associazioni.
Mesi che avrebbero potuto essere molto proficui grazie anche a un tavolo di lavoro con gli Enti, rappresentativi delle oltre 115mila associazioni sportive sul territorio nazionale. Tavolo annunciato ma ancora non riunito, mentre il tempo scorre veloce e continuiamo a registrare il grido di dolore del comparto.
Tra tanti titoli quotidiani di giornale sullo sport di vertice e qualche raro trafiletto su quello di base, ben pochi hanno provato a spiegare cosa veramente rappresenti questo momento di forte crisi.
Il susseguirsi di eventi che abbiamo inizialmente rappresentato come una tempesta perfetta, hanno comportato oneri per i gestori della pratica sportiva imprevisti e susseguiti con continuità chirurgica.
A questo si aggiunge – dato essenziale – che soprattutto l’esperienza della pandemia Covid, ha comportato cambiamenti di abitudini e gusti di chi pratica attività sportiva: registriamo in ogni parte d’Italia – centrando ora il focus sugli impianti sportivi che per noi dovrebbero rappresentare centri per la salute – le criticità di quanti mal sopportano spazi comuni, ad esempio, o vorrebbero impianti adeguati alle nuove esigenze con maggiori aree all’aperto e, al solo titolo d’esempio, più spogliatoi al fine mantenere distanze tranquillizzanti. Una riconversione degli spazi già di per sé costosa, ove praticabile cartine catastali alla mano, ma resa ancor più difficile dai lacci e lacciuoli della burocrazia italica, una vera e propria muraglia cinese.
In ultimo, l’aumento materiale dei costi (diretti e indiretti) per le strutture e i minori incassi espone, al rischio che tale aggravio vada ad incidere sui fruitori finali, contravvenendo a quella mission comune di lotta alla sedentarietà e facilitazione dell’accesso alla pratica sportiva per raggiungere appieno gli scopi sociali e salutistici che devono guidare il nostro mondo.
Per questo sosteniamo con forza la necessità di un intervento significativo in favore dei principali consumatori del prodotto sportivo: le famiglie che si trovano ora a affrontare un inevitabile aumento delle tariffe. Il tanto desiderato e auspicato da più parti “bonus sport” non è più rinviabile.
In questo processo ASI sin dagli albori della riforma (combinato disposto dei Decreti Legislativi 36 e 39 del 2021) ha mostrato grande fermezza nella difesa degli interessi delle associazioni sportive e dei loro collaboratori contribuendo, con analisi e corpose memorie, ad emendare i testi in discussione.
Ma ora siamo di fronte a una seconda e ancor più delicata puntata. Il dato politico è legato all’esigenza di far entrare ancor di più in campo gli Enti, rappresentanti di un mondo prezioso per lo sport, per la salute, per gli stessi cordoni della borsa pubblica.
Delle proposte abbiamo sempre parlato e scritto: sono tante, tra queste un bonus sport per le famiglie che faticano ad arrivare a fine mese, benefici fiscali per l’attività sportiva, sostegno concreto alle associazioni che si trovano davanti a un momento storico che si augurano non rappresenti un salto nel buio, considerare gli impianti sportivi un bene pubblico primario.
Sui dettagli della riforma, attendiamo il tavolo per incidere, come rappresentanti principali di questo mondo.
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