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07.04.2025

Fisco

Socio e tesserato: non facciamo confusione

Nell’ambito dello sport dilettantistico la figura del socio o associato e del tesserato vengono spesso confuse o considerate come sinonimi per definire chi pratica sport tramite un sodalizio sportivo. Si tratta invece di ruoli ben distinti che hanno natura giuridica diversa e determinano uno status differenziato, nonostante sotto il profilo fiscale abbiano un valore equipollente ai fini della de-commercializzazione dei corrispettivi specifici istituzionali. Proviamo dunque a fare chiarezza sul tema affrontano in otto punti le questioni più rilevanti.

  1. Il tesserato

La riforma dello sport all’art.15 del D.lgs. 36/21 definisce il tesseramento come “l’atto formale con il quale la persona fisica diviene soggetto dell’ordinamento sportivo ed è autorizzata a svolgere attività sportivacon una associazione o società sportiva, con i Gruppi Sportivi Militari o i Corpi civili dello Stato e, nei casi ammessi, con una Federazione sportiva nazionale o Disciplina sportiva associata o Ente di promozione sportiva, anche paralimpici”.

Si conferma dunque la natura di provvedimento amministrativo del tesseramento, in continuità con quanto già previsto dalla riforma della giustizia sportiva (L. 17.10.2003 n. 230).

Si legge infatti nei lavori preparatori del primo correttivo che ha introdotto l’attuale definizione che “Il tesseramento… non determina la nascita di un rapporto associativo, che ha diversa causa e diversa finalità”.

Possiamo quindi qualificare il tesseramento come una sorta di autorizzazione o “patente” per poter svolgere le attività sportive organizzate o riconosciute dall’ente affiliante. In linea con tale definizione legislativa anche lo Statuto ASI del 21.12.2022 specifica che i tesserati hanno formale rapporto di appartenenza all’Ente ma, pur appartenendo all’Ente, non sono associati (a differenza di altri EPS dove invece si prevede che il tesseramento della persona fisica comporta necessariamente (anche) l’instaurazione di un rapporto associativo con l’ente per il tramite del sodalizio di base.

La qualifica di tesserato comporta l’assunzione di diritti e doveri, disciplinati dalle carte federali e ora recepiti anche dal legislatore statale:

  • il diritto di partecipare all’attività e alle competizioni organizzate o riconosciute dagli organismi affilianti (FSN, DSA, EPS) per i quali il soggetto tesserato;
    • il diritto di concorrere, ove in possesso dei requisiti previsti, a ricoprire le cariche dei relativi organi direttivi e di partecipare alle assemblee degli organi consiliari, secondo le previsioni statutarie e regolamentari dell’organismo affiliante[1](i.e. diritto di voto di atleti e tecnici per l’elezione dei propri rappresentanti negli organi direttivi);
    • il dovere di osservare le norme dettate dal CONI, dal CIO, dal CIP, dal IPC e dalla federazione nazione ed internazionale, Disciplina Sportiva Associata o dall’Ente di Promozione Sportiva di appartenenza: divenendo soggetto dell’ordinamento sportivo, il tesserato non è solo autorizzato a svolgere le attività sportive, ma si assoggetta alle norme di quell’ordinamento e accetta di sottoporsi alla giustizia sportiva.

La durata del tesseramento è di regola annuale, e va perfezionata secondo i requisiti e le modalità stabilite da ciascun organismo affiliante.

Ricordiamo inoltre che il tesserato sportivo ha diritto alla tutela assicurativa e sanitaria attuata mediante:

  • l’obbligo assicurativo per infortuni avvenuti in occasione e a causa dello svolgimento delle attività sportive, dai quali sia derivata la morte o una inabilità permanente per atleti, tecnici e dirigenti di cui all’art.51 della L.289/02;
    • l’obbligo di certificazione medica per l’attività agonistica (DM 18.2.1982) e per l’attività non agonistica (DM 24.4.2013)

2.Il tesserato minorenne

L’art. 16 comma 1 del D.lgs. 26/21 stabilisce, in ossequio ai più attuali principi sull’educazione e responsabilità parentale elaborati dal diritto di famiglia, che la relativa richiesta deve essere presentata tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del minore.

Prevede inoltre che il tesseramento possa essere compiuto disgiuntamente da ciascun genitore risolvendo così definitivamente ogni incertezza in ordine alla natura dell’atto: si tratta di un atto di ordinaria amministrazione ex lege, vista anche la contestuale abolizione del vincolo sportivo e quindi può essere validamente ed efficacemente sottoscritto da un solo esercente la responsabilità genitoriale.

Come risolvere l’eventuale conflitto tra i genitori?

In caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni concordate, si applicano le disposizioni dell’art. 316 c.c.: significa che la decisione sul tesseramento sportivo rientra tra le questioni di particolare importanza, come quelle afferenti la residenza abituale e l’istituto scolastico; si valorizza inoltre l’interesse del minore nonché la sua partecipazione nel procedimento, quando abbia compiuto i 12 anni o anche di età inferiore ove capace di discernimento.

E in caso di separazione o divorzio?

In caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio e nei procedimenti relativi ai figli nati fuori dal matrimonio, vengano applicate le disposizioni di cui agli artt. 337-bis e ss. c.c.:  la responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori; le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli; in caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Quindi in definitiva la situazione non cambia, e anche in tali ipotesi è valida la sottoscrizione del tesseramento da parte di uno solo dei genitori, sul presupposto che sia conseguente ad un accordo tra gli stessi e salvi i procedimenti eventualmente attivabili in caso di disaccordo o esercizio difforme dalle decisioni concordate.

La partecipazione del minore che abbia compiuto 14 anni

L’art.16 co.2, in adesione ai principi consolidati in tema di capacità e ascolto del minore dispone che il minore ultraquattordicenne non può essere tesserato se non presta personalmente il proprio assenso: è necessario quindi prevedere l’apposita sottoscrizione anche del minore nel modulo di tesseramento, oltre a quella del genitore. L’atto del tesseramento rimane un atto del genitore che ha la capacità di agire, ma la necessaria partecipazione del c.d. “grande minore” comporta in capo allo stesso il principio di autodeterminazione e una sorta di diritto di veto sull’atto del genitore.

Lo ius soli sportivo

La disciplina del tesseramento minorile si completa con una nuova regolamentazione del c.d. ius soli sportivo che sostituisce la previgente normativa (L.20.1.2016 n. 12 recante “Disposizioni per favorire l’integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia mediante l’ammissione nelle società sportive appartenenti alle federazioni nazionali, alle discipline associate o agli enti di promozione sportiva”, abrogata a far data dal 1° luglio 2023.  L’art. 16 comma 3 stabilisce, infatti, che i minori stranieri possono essere tesserati presso società o associazioni affiliate alle Federazioni Sportive Nazionali, alle Discipline Sportive Associate o agli Enti di Promozione Sportiva, anche paralimpici, con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani, a condizione che siano iscritti da almeno un anno a una qualsiasi classe dell’ordinamento scolastico italiano e con la precisazione che l’equiparazione del procedimento si applica anche a coloro che non siano in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno.

3. Il socio o associato nelle SSD e nelle ASD

Vista la natura e la disciplina del tesseramento sportivo, sono evidenti le sostanziali differenze rispetto alla posizione assunta da soci e associati, che consegue invece alla conclusione di un contratto.

Nelle SSD lo status di socio compete esclusivamente a coloro che compongono la compagine sociale secondo le regole del codice civile per il tipo societario ( srl, spa o società cooperative) risultando del tutto ovvio che i praticanti le attività sportive dilettantistiche, generalmente identificati come utilizzatori, partecipanti o frequentatori, rivestono esclusivamente la qualifica di tesserati all’organismo sportivo (FSN, DSA, EPS) cui è affiliata la società sportiva, come già riconosciuto anche dall’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n 38/E/2010.

Nelle ASD invece, può risultare meno evidente la distinzione tra soci, associati e tesserati soprattutto quando nelle clausole statutarie, nei regolamenti o nella modulistica adottata per la domanda di ammissione/iscrizione si riscontra un utilizzo improprio o non univoco di tali termini.

Se infatti socio o associato nelle associazioni sono dei sinonimi che individuano il soggetto che ha perfezionato il rapporto associativo con il sodalizio, diventando parte del contratto associativo, altra posizione è quella del mero tesserato, che non è parte del contratto associativo, tanto che nell’ambito di una medesima associazione si possono verificare ben tre distinte situazioni: il socio tesserato, il socio non tesserato e il tesserato non socio.

E’ quindi importante adottare delle formule precise all’interno dello statuto che possano prevenire dubbi di sorta e delineare con chiarezza le rispettive qualifiche.

4. L’ammissione di soci/associati nelle ASD

Il contratto associativo è un contratto plurilaterale con comunione di scopo, caratterizzato da una struttura aperta: significa che il contratto non viene modificato a seguito di successive adesioni, a differenza di quanto accade invece per le tipologie societarie, dove l’ingresso di un nuovo socio comporta necessariamente la modifica dell’accordo contrattuale.

In ambito associativo l’aspirante socio presenta una domanda di ammissione che se viene accettata dal sodalizio comporta la conclusione del contratto, secondo le regole e le procedure stabilite dallo statuto, che devono individuare requisiti e condizioni per l’ammissione e che devono essere concretamente attuati e rispettati. Si dovrà pertanto adottare la delibera di ammissione, se prevista o quella di ratifica nel caso in cui sia consentita l’ammissione provvisoria a decorrere dalla presentazione della domanda e procedere con ogni ulteriore adempimento a partire dall’iscrizione al libro soci.

Il sodalizio può anche rifiutare la richiesta e in tal senso è pacifico che l’aspirante socio non è titolare di un diritto all’ammissione, tutelato in sede giurisdizionale. Tuttavia i requisiti di ammissione devono rispettare i valori inclusivi dello sport e risultare  non discriminatori; quindi, pur  non sussistendo l’obbligo di motivazione del diniego né la necessità di  regolare un procedimento di rivalutazione in seconda istanza (come invece richiesto per gli enti associativi del terzo settore che devono rispettare il c.d. principio della porta aperta), si ritiene opportuno inserire apposite clausole statutarie a garanzia del carattere aperto del sodalizio, prevedendo dei meccanismi che assicurino il rispetto di tali principi: una clausola che rimettesse al mero arbitrio degli amministratori l’ammissione di nuovi membri sarebbe senza dubbio inammissibile.

5. L’esclusione di soci/associati nelle ASD

Lo statuto deve anche enumerare le ipotesi in cui si verifica la perdita della qualifica di socio/associato indicando i criteri e le procedure da adottare.

Di regola si prevedono le dimissioni, la decadenza per morosità, l’esclusione o radiazione per violazione delle norme statutarie e la morte del socio/associato.

L’aspetto più delicato è quello dell’esclusione/radiazione/espulsione che deve rispettare il dettato dell’art. 24 comma 3 c.c. laddove precisa che “l’esclusione d’un associato non può essere deliberata dall’assemblea che per gravi motivi; l’associato può ricorrere all’autorità giudiziaria entro sei mesi dal giorno in cui gli è stata notificata la deliberazione”.

Ne consegue, come affermato da Cass. 16.9.2019 n. 22986, che:

  • l’esclusione dell’associato va deliberata mediante provvedimento formale, adeguatamente motivato con riferimento ad uno o più fatti specifici che devono essere espressamente contestati all’interessato; sono considerate invalide le clausole statutarie che prevedono l’esclusione ad nutum: lo statuto può prevedere che la competenza sia del consiglio direttivo con la possibilità di riesame da parte dell’assemblea;

 

  • la delibera di esclusione deve essere formalmente comunicata all’interessato salvo che questi non fosse presente al momento dell’adozione;

 

  • entro sei mesi dalla notificazione della delibera di esclusione (o, se presente, dalla data della delibera) l’interessato può impugnare il provvedimento avanti l’autorità giudiziaria ordinaria chiedendo l’annullamento ed eventualmente il risarcimento dei danni subiti a seguito dell’esclusione; si tratta di un diritto indisponibilericonosciuto al singolo per tutelare il suo diritto a permanere nell’associazione e, pertanto, sono considerate invalide le rinunce preventive o le clausole statutarie che dispongano in deroga.

Quali sono i gravi motivi che possono legittimare l’esclusione/radiazione/espulsione del socio/associato?

Bisogna verificato lo statuto:

  1. se contiene una specifica descrizione dei motivi ritenuti così gravi da provocare l’esclusione dell’associato, la verifica giudiziale si limita ad accertare la corrispondenza o meno, nel caso di specie, con le ipotesi contemplate dall’atto come causa di esclusione;
  2. se invece non contiene nessuna indicazione specifica, o recepisce formule generali ed elastiche, o comunque in qualsiasi altra situazione nella quale la prefigurata causa di esclusione implichi un giudizio di gravità di singoli atti o comportamenti, da operarsi necessariamente post factum, il giudice dovrà necessariamente valutare la sostanziale legittimità del provvedimento disciplinare considerando da un lato la proporzionalità tra le conseguenze del comportamento addebitato all’associato e l’entità della lesione da lui arrecata e dall’altro la radicalità del provvedimento espulsivo, che definitivamente elide l’interesse del singolo a permanere nell’associazione.

6. La durata del rapporto associativo

A differenza del tesseramento che di regola ha validità annuale, l’assunzione della qualifica di socio avviene a tempo indeterminato e, in quanto fondata sull’intuitu personae,non è trasmissibile, salva diversa disposizione dell’atto costitutivo o dello statuto (art. 24 comma 1 c.c.): per le ASD peraltro, la previsione della trasmissibilità per atto tra vivi comporterebbe l’impossibilità di beneficiare della de-commercializzazione, secondo quanto previsto dall’art. 148 comma 8 lett. f) del TUIR.

All’associato, pertanto, è sempre riconosciuto il diritto di recedere, a meno che non abbia assunto l’obbligo di far parte dell’associazione per un tempo determinato (art. 24 comma 2 c.c.) e fatte salve le prescrizioni delle norme fiscali che al riguardo richiedono di escludere espressamente la temporaneità della vita associativa (art. 148 comma 8 lett. c) del TUIR).

Il recesso, secondo le norme codicistiche, va comunicato per iscritto agli amministratori e ha effetto con lo scadere dell’anno in corso, purchè la comunicazione sia effettuata tre mesi prima. La norma non ha carattere imperativo e pertanto è ammissibile una diversa procedura stabilita dagli statuti e, in ogni caso, il recesso tacito, che si manifesta non espressamente ma attraverso determinati comportamenti (come ad esempio il mancato versamento della quota associativa).

In genere le clausole contenute in molti statuti di ASD prevedono la “decadenza per morosità” del socio/associato che non abbia versato la quota annuale entro un termine prestabilito in modo automatico oppure previa delibera dell’organo di amministrazione. In entrambi i casi è dovuta la relativa annotazione sul libro soci e il rispetto, in concreto, delle previsioni statutarie: al riguardo si segnala in particolare che sono frequenti, negli accertamenti fiscali, le contestazioni sulla mancanza di effettività del rapporto associativo o sulla violazione del divieto di temporaneità della partecipazione alla vita associativa, legate proprio alla mancata adozione di delibere di esclusione e/o alla incompleta tenuta del libro soci.

Il recesso tacito è consentito al socio/associato ma non invece al sodalizio: infatti poiché l’art. 24 comma 3 c.c., come abbiamo visto, richiede l’adozione di un provvedimento motivato, non sarà possibile per l’associazione risolvere il rapporto associativo in via di fatto, semplicemente rifiutando il rinnovo dell’iscrizione annuale.

Il versamento della quota associativa annuale non comporta una nuova adesione all’associazione – che appunto si è già assunta a tempo indeterminato – ma semmai rappresenta l’adempimento dell’obbligo di versare i contributi richiesti; l’associato conserva il suo status originario e per mezzo del pagamento impedisce la decadenza del rapporto.

7. Soci/associati/tesserati e organizzazione democratica delle ASD

Da quanto esposto risulta quindi possibile anche all’interno delle ASD la previsione di tesserati non soci; tuttavia sono importanti alcune precisazioni sul ruolo dei soci e sull’organizzazione necessariamente democratica e partecipativa delle ASD, richiesta sia dalla riforma dello sport, così come in precedenza dall’art.90 della L.289/2002, sia dalle norme tributarie (art.148 co.8 TUIR) per poter beneficiare della de-commercializzazione dei corrispettivi specifici (proventi da corsi, gare, stage etc e altre  attività istituzionali sportive rese  a favore di soci/associati e tesserati).

Il governo democratico si fonda sull’esercizio del diritto di voto in assemblea, per l’approvazione del rendiconto, le decisioni programmatiche, le modifiche statutarie, lo scioglimento dell’associazione e l’elezione delle cariche direttive pertanto va valutato con attenzione il problema dello squilibrio tra il numero di soci e tesserati, posto che i secondi non hanno alcun diritto di voto in assemblea pur essendo titolati a partecipare all’attività sportiva organizzata e gestita dal sodalizio e pur rientrando nella categoria dei soggetti che consentono di de-commercializzare i corrispettivi specifici sotto il profilo fiscale.

Come si risolve?

Poiché non sono previsti parametri normativi la verifica fatta caso per caso secondo un canone di effettività in linea anche con gli orientamenti della cassazione sulla spettanza delle agevolazioni fiscali. La compagine associativa non si dovrebbe necessariamente valutare in termini numerici assoluti (nel senso che i soci/associati devono per forza essere in numero maggiore rispetto ai tesserati –  anche se tale circostanza è sicuramente idonea a denotare la natura associativa dell’ente);  ma piuttosto bisognerebbe guardare all’effettiva partecipazione e al concreto esercizio dei diritti dei soci, purché in numero congruo e sufficiente a costituire due organi separati, il direttivo e l’assemblea, dei soci, evitando che ogni funzione sia detenuta in mano a poche persone, in assenza del ruolo esercitato da parte di soci/associati costituiti in assemblea ( i quali possono controllare l’operato del direttivo, procedere al rinnovo delle cariche, agire nei confronti degli amministratori per mala gestio, ratificare il loro operato approvando il rendiconto consuntivo e preventivo etc). Per contro anche una compagine sociale eccessivamente allargata e composta da persone che si disinteressano della gestione e non partecipano attivamente alle assemblee potrebbe alla fine denotare un difetto di effettiva democraticità ed effettività del rapporto.

8. Il diritto di voto per i soci minorenni

Di recente si è posta la questione del diritto di voto per i soci minorenni sulla scorta di una pronuncia della Corte di Cassazione (Cass. 4.10.2017 n. 23228) e del parere del Collegio di Garanzia del CONI n.2/2023 che nei rispettivi ambiti hanno valorizzato anche la partecipazione del minore esercitata tramite il genitore o esercente la responsabilità genitoriale.

E’ quindi obbligatorio per le ASD?

Per gli enti del terzo settore, l’obbligo di prevedere nello statuto il diritto di voto anche ai minori che siano soci del sodalizio è stato affermato con nota Min. Lavoro 1309/2019 che ritiene contrario al principio della parità dei diritti tra gli associati escludere i minorenni dal diritto di voto in quanto: “il relativo esercizio, in caso di minore età, deve ritenersi attribuito, ex lege, per i soci minori, agli esercenti la responsabilità genitoriale sugli stessi”. Anche la nota MLPS 30.11.2021 n. 182444 sottolinea che “l’esclusione dal diritto di partecipare alle deliberazioni comuni, anche per il tramite dei soggetti investiti della potestà genitoriale, significherebbe ledere immediatamente il loro status di socio”.

Per le ASD non sono stati adottati specifici provvedimenti o prescrizioni ed anzi sia i principi fondamentali  del CONI per gli statuti delle federazioni sia nella normativa fiscale  (art. 148 comma 8 lett.c) del TUIR) prevedono il diritto di voto ai maggiori di età; tuttavia, proprio alla luce del parere del Collegio di Garanzia del CONI, una lettura più attenda e meditata delle norme consente di affermare che il legislatore ha voluto unicamente individuare nel soggetto maggiorenne colui che è legittimato ad esprimere il voto, per cui il richiamo alla maggiore età contenuto nelle norme è un requisito minimo che non sopprime l’esercizio del diritto di voto da parte del genitore esercente la responsabilità genitoriale.

Si evidenzia che in sede di verifica dei contenuti statutari da parte dell’ufficio del RASD sono spesso state sollevate obiezioni proprio in ordine alla mancanza di clausole in tal senso e quindi in definitiva la previsione del diritto di voto anche per i soci minori (naturalmente quando siano soci del sodalizio e non meri tesserati) si considera un contenuto obbligatorio anche per le ASD, alla luce delle più recenti interpretazioni e orientamenti dell’ufficio. Va escluso solo il diritto all’elettorato passivo che verrà acquisito al momento del raggiungimento della maggiore età.

 

[ Biancamaria Stivanello ]
Avvocato in Padova

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