13.05.2022
Sport
| Calcio
Mundialido. Ventiquattro anni di sport e integrazione
Yasin, un giovane etiope che ha rischiato di morire diverse volte attraversando il deserto – rinchiuso sottoterra in Libia dai soldati mercenari – e attraversando il Mediterraneo con un barcone per raggiungere l’Italia.
E Babacar, senegalese, giocatore della Viola, arrivato in Italia giovanissimo.
E ancora, Luciano Vassallo, un figlio del colonialismo italiano in Africa. Nato dall’unione tra un soldato toscano e una donna eritrea. Rimasto senza padre, conosce un’infanzia di povertà e di stenti. Il calcio gli offre l’occasione per un clamoroso riscatto. Leader e capitano dell’Etiopia, nel ’62 solleva la Coppa d’Africa diventando un mito dello sport africano. Col regime di Menghistu cade in disgrazia e si trasferisce in Italia, raggiunta al termine di una fuga avventurosa tra montagne e deserti.
Tre vite diverse quelle di Yasin, Babacar e Vassallo ma una storia in comune, a lieto fine, da raccontare: l’approdo sicuro, quello in Italia e la possibilità di giocare al Calcio partendo dal “Mundialido”, un campionato per stranieri che dal 1999 anima i campi della Capitale. Yasin e Babacar hanno giocato con le rispettive selezioni e Vassallo la sua Etiopia, quella in Italia, l’ha proprio allenata.
Quest’anno saranno 24 le squadre al via. Il Marocco, campione in carica, la squadra da battere. Il campo da gioco, lo Stadio Fiorentini, zona La Rustica a Roma, dove le selezioni sono state già lo scorso anno, accolte a braccia aperte. È quella un’area della Capitale crocevia di comunità straniere residenti. Tradizione, passione, integrazione, sociale, sport. Sono valori importanti, che muovono Eugenio Marchina patron del Mundialido, da trent’anni organizzatore di eventi perlopiù a carattere sportivo con il suo ‘Club Italia’. Sposato, quattro figli dei quali nessuno… gioca a pallone. “Non è stato facile conservare, soprattutto in queste due stagioni pandemiche ben 24 squadre al via – afferma lo stesso patron – segno di un grande lavoro, di una buona organizzazione e di un blasone che ci gratifica. Ogni anno è una sfida nuova, ci misuriamo e ci adeguiamo ai tempi che viviamo, offrendo a questi ragazzi una bella occasione di integrazione e di legami puliti tra popoli. Una cosa l’ho imparata. Che le inimicizie e le guerre che nascono dalla politica i ragazzi che giocano qui in Italia hanno voglia di superarle. E ciò avviene con la semplicità e la naturalezza che solo lo sport può regalare”.
Ha parlato dello sport che unisce. Che ne pensa della partecipazione degli atleti russi alle varie competizioni internazionali? “Che non devono essere gli atleti a pagare colpe della politica. In questi anni abbiamo visto stringersi la mano e abbracciarsi, dopo partite, croati e bosniaci, etiopi ed eritrei. Se la squadra russa fosse riuscita a organizzarsi non avremmo avuto problemi a farla giocare. L’Ucraina sarà invece presente”.
Marchina, come è nata l’idea di questo campionato? “Frequentando campi sportivi vidi anni fa dei ragazzi, polacchi, che giocavano a pallone su un campo di pozzolana. Mi fermai a guardarli dietro una rete. Coglievo la voglia di vincere, l’ardore agonistico, il sorriso capace di allontanare i problemi della vita reale in quei novanta minuti. Lì è nato tutto. Da tanti anni organizzavo eventi ed allora ho provato a trasformare quelle sensazioni in qualcosa di reale. Erano quelli i tempi dei fax e allora cominciai a inoltrare richieste ad ambasciate, consolati, associazioni. A volte dinieghi, a volte bellissime sorprese. L’ambasciatore di Capo Verde per anni è stato sempre presente e si è fatto addirittura promotore di una riunione con gli altri diplomatici di vari Paesi africani. Quello della Croazia ha giocato, con il numero 9. Ricordo le prime adesioni da nazioni come Arabia Saudita, Giappone, Romania, Spagna”.
Come mai il termine ‘Mundialido’? “Perché il torneo nasce e cresce nel litorale romano, al campo della Longarina, quello oggi in cui c’è la scuola calcio di Francesco Totti. Da qui la crasi tra le parole ‘Mundial’ e ‘Lido’”.
Siamo al 24esimo anno nella storia del Mundialido. Le nazioni più decorate? “Capo Verde e Romania, 5 titoli a testa. Da due edizioni vince il Marocco”.
Quindi il Mundialido non rispecchia i valori delle Nazionali ‘vere’? “No. Il Brasile, ad esempio, ha sempre faticato. Idem la Germania: ma questo è comprensibile e deriva dal bacino di utenza al quale i selezionatori attingono. I tedeschi hanno formato la propria squadra tra pochi giovani studenti”.
Ha parlato di ‘selezionatori’? “Si… Pensate che in tanti campi di periferia e nelle ville ci sono ragazzi stranieri che giocano a pallone. Il ‘Ct’ spesso gira per quei campi a caccia di talenti. Questo avviene soprattutto per le comunità sudamericane”.
Sinceramente, si diverte a vedere queste partite? “Tantissimo. Premetto che io sono un nostalgico del Calcio d’altri tempi. Il mio idolo di gioventù era Rivera. Il Calcio di oggi – legato a logiche economiche e spesso diseducativo per quanto avviene nella politica sportiva, in campo e sugli spalti – non è affare che amo. Questi ragazzi mi hanno invece restituito tanta di quella passione perduta. Devo dire, con loro anche i tifosi. Sempre presenti, ognuno con le proprie abitudini. I nigeriani con i fiati, senegalesi e capoverdiani con i tamburi, giapponesi inquadrati e signorili. Il Mondo in un torneo”.
Abbiamo letto della presenza del ‘Resto del Mondo’? “Una squadra multietnica con un paio di regole: che non ci siano più di tre giocatori a Paese e che la squadra non sia rappresentata da una Nazionale già in tabellone”. Il Resto del Mondo, peraltro, è da tempo affiliato ad ASI Sport e Sociale.
ASI sarà quest’anno al vostro fianco? “Si, e di questo siamo contentissimi. Un Ente prestigioso, dinamico, che ha messo a disposizione la propria struttura. Voglio ringraziare il suo Presidente, Sen. Claudio Barbaro, e il Vicepresidente Emilio Minunzio, anima di questa sinergia e padrone di casa al campo de La Rustica”.
Anche gli arbitri saranno ASI. “Riconosciuti come eccellenze nel panorama dilettantistico”.
Il Mundialido è invece riconosciuto per i suoi standard particolarmente alti. “Questo ci viene sicuramente riconosciuto. Ogni partita è ripresa dalle telecamere e, al fischio finale, i nostri tecnici già lavorano agli highlights. Sempre presenti i fotografi, i campi in erba o sintetico e, chiaramente, la copertura assicurativa. Particolarmente apprezzata è anche la cerimonia di apertura”.
Come si svolge? “Il programma della cerimonia di apertura si apre con le note di prestigiose bande musicali che accompagnano una spettacolare e coreografica sfilata nel corso della quale vengono salutati tutti gli atleti rappresentanti i rispettivi Paesi di appartenenza”. In particolare, spiegano gli organizzatori, sono attentamente strutturati i singoli momenti, al fine di promuovere l’aspetto ludico-sociale, riservando opportuni spazi anche a laboratori per bambini, mostre, dimostrazioni di allenamenti gratuite, scambi “culinari” con degustazione di prodotti tipici. L’organizzazione prevede anche la realizzazione di un villaggio multietnico. All’interno, ciascun Paese usufruisce di spazi per la promozione delle proprie culture e tradizioni, per l’esposizione di prodotti artigianali, per la degustazione di piatti tipici. Vengono allestiti palchi, stand, gazebo, aree sportive, punti ristoro, aree gastronomiche, mostre di pittura, aree ludiche. Cantanti, musicisti e ballerini di varie nazionalità, clown e artisti di strada, allietano partecipanti e spettatori, “riuscendo – sottolinea Marchina – a dare vita a una giornata di festa, sport, musica e cultura”.
Un ultimo pensiero. “Posso lasciarmi andare a una piccola polemica? Tutti sempre parlano di integrazione, fanno discorsi spesso pomposi e apparentemente sentiti. Ma, almeno alla luce della nostra esperienza, il sostegno fattivo è cosa ben più rara”.
Mundialido, una bella storia da raccontare, verso il suo venticinquennale.
[ Fabio Argentini ]
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