09.03.2022

Racconti di sport

Nascita e storia dell’editoria sportiva italiana

La rubrica curata dal Direttore di Primato e decano dei giornalisti italiani.

Nel dramma che sta vivendo il quotidiano cartaceo un onesto contributo alla sopravvivente lettura dei giornali continuano a darlo le testate sportive che negli anni Ottanta contribuirono in particolare ai successi editoriali, ai famosi e rimpianti record di vendite (picco 6 milioni e 800.000 copie). Erano nati, questi intercettatori di passioni, già nell’Ottocento, per accompagnare e illustrare un cambiamento storico della vita degli italiani, interessati alla cura e allo sviluppo del fisico attraverso le attività sportive.
Cosí si arriva, attraverso tantissime testate prodotte da straordinaria fantasia, alla nascita della “Gazzetta dello Sport”. Non è un caso che nel 1892 un autore popolarissimo per aver scritto “Cuore” – il libro più amato dagli italiani – Edmondo De Amicis pubblichi “Amore e ginnastica” la cui trama – ripescata in Wikipedia – ha un significativo inizio: “In un appartamento di un palazzo di Torino vive, assieme allo zio commendatore di cui gestisce gli affari, il poco più che trentenne segretario Celzani. Tra gli altri inquilini si distingue per la sua avvenenza e prestanza fisica la ventisettenne maestra Pedani, appassionata cultrice di ginnastica che abita con una sua collega ed è blandamente corteggiata da un giovane studente, figlio dell’ingegner Ginoni. Celzani, timido e impacciato con le donne, se n’innamora follemente e, dopo aver ottenuto il beneplacito dello zio, chiede la mano della giovane, ma questa rifiuta, adducendo a giustificazione il fatto che si sente investita di un’importante missione, quella di diffondere la pratica della ginnastica secondo le teorie di Emilio Baumann…”. Ah, i bravi maestri.
Il tempo che passa – velocemente, consentendo ai titolari come me di un’età cospicua ancora in attività di sentirsi atleticamente preparatissimi – mi suggerisce di fare il punto su certe questioni. Tipo stabilire il meglio e il peggio di una vita professionale e personale, dei personaggi conosciuti, dei fatti narrati. Per farla breve, considero l’incontro e l’amicizia con Enzo Ferrari il dono più caro e significativo. Ne ho ricavato insegnamenti e ispirazioni che ho in piccola parte riassunto in un libro che gli ho dedicato – “Ferrari segreto” – ritratto di un Uomo, di un’Epoca, di una passione. Richiesto di raccontare una breve storia dei giornali sportivi, ho cercato di farlo – secondo abitudine, “in diretta”, servendomi di Fatti e Figure conosciuti. E comincerò questa breve avventura da una pagina del libro suddetto.
“Nell86 mi ero trasferito definitivamente a Roma, a curare la gestione editoriale del Corriere dello Sport, i nostri incontri si erano diradati e Ferrari non mi disse salutandolo – come la volta precedente arrivederci a presto”. Insomma, ci eravamo lasciati – come due vecchi amici – perché forse non avevamo più niente da dirci, e soprattutto lui non voleva essere protagonista di un lungo melanconico addio. Quando morì, due anni dopo, toccò a me ricordarlo, proprio sul Corriere dello Sport, il giornale del quale mi aveva rivelato le origini mentre partivo per Roma: Avete la data di copertina sbagliata – mi aveva detto con il solito sorriso compassionevole – quella esatta è 20 ottobre 1924. Perché lo so? Perché lho fondato io, a Bologna, il Corriere, insieme a Masprone, il pilota di DAnnunzio… Giuliana, portami quella prima pagina del Corriere dello Sport…”. Mi fu consegnata. La donai al giornale, insieme ai migliori anni della mia vita professionale”.

Mi sembra ancora dì sentirlo, con quell’insistente sottinteso che ne rivelava la grandezza: “La storia sono io”. La storia dei giornali è cominciata molto prima, naturalmente, ma mi piace render subito conto degli ultimi nati, “Stadio” e “Tuttosport”, perché li ho visti nascere, ho conosciuto i loro padri; mentre la “Gazzetta” è una storia a parte, anche una leggenda, e a parte ne dirò. Precisando subito, tuttavia, che ne sono stato redattore, come prima a “Stadio” eppoi al “Corriere dello Sport”. Di queste ultime testate sono stato anche direttore dopo la fusione del 1977, mentre nel 1980 ho rinunciato a dirigere la “Gazzetta”. Mi manca un’esperienza diretta solo a ‘Tuttosport”, nato il 30 luglio 1945 da un’idea dì Renato Casalbore, supportato dalla fantasia di Carlo Bergoglio, il mitico Carlin del “Guerin Sportivo”. Ho tuttavia conosciuto bene i due direttori che lo hanno portato ad alti livelli di qualità, Antonio Ghirelli e Giglio Panza, più tardi Pier Cesare Baretti e Gian Paolo Ormezzano.
“Stadio” è pure nato il 30 luglio del 1945 dal ventre del “Resto del Carlino”, a Bologna, nella via intestata nel dopoguerra a Gramsci, anche se la palazzina dei giornali era dominata da una inequivocabile torre littoria peraltro abbattuta quando il cuore dell’informazione fu sostituito da un hotel a 5 stelle. I fondatori — con i quali ho a lungo lavorato – Luigi Chierici, già giornalista del “Carlino”, direttore, firma del ciclismo, e Remo Roveri, già tipografo e scrittore raffinato, cultore di boxe, ippica e ciclismo, a quei tempi sport più popolari del calcio che in loco – dico l’Italia centrale – coglieva scarsi successi prima del risveglio della Fiorentina (scudetto 1959) e del Bologna (scudetto 1964). Il 30 luglio 1965 ero il redattore più giovane del Verdino e mi fu commissionato il pezzo del Ventennale. A questo punto è il caso di precisare subito – senza pretendere dì porre mano a un saggio – che il quotidiano sportivo “moderno” vive e opera con intenti diffusionali territoriali, segue il “tifo” calcistico con aurea faziosità. La “Gazzetta” ci arriva anni dopo la fondazione, 1898, coincidente con i Giochi Olimpici d’Atene, e olimpica sarà, nonché ciclistica, per decenni, fin quando la lettura della Rosea (nata verde) non raggiungerà alti livelli di diffusione con i successi della Nazionale di calcio, “mondiale” nel 1934 e 1938, “olimpica” nel 1936, e la crescente popolarità dell’Inter (en passant Ambrosiana) e del Milan. La critica dipinge quell’epoca editoriale con i colori del Fascismo se non altro perché ne racconta e storicizza la potenza sportiva. In effetti, i giornali sportivi del Ventennio sono anche politici. In particolare, è il “Corriere dello Sport” a vivere la scelta politica più incisiva. Siamo rimasti a Enzo Ferrari quando mi rivela d’essere fra i fondatori, il 20 ottobre del 1924, dandomene anche una ragione: il nuovo giornale punta decisamente sugli sport motoristici, è diretto da Giuseppe Carlo Alberto Masprone, sportivo veronese multiforme, discobolo, calciatore, arbitro, allenatore ma soprattutto aviatore: in questa veste fu con Gabriele D’Annunzio nel volo dimostrativo su Vienna il 9 agosto del 1918, associato culturalmente al Futurismo e alla crescente passione del Motore, vissuta con intensità proprio in Emilia-Romagna oggi ribattezzata Motor Valley. Sta di fatto che con questo spirito il Regime – rappresentato da Leandro Arpinati, ras di Bologna, amico di Mussolini e futuro realizzatore degli stadi di Bologna e Firenze – decide nel 1926 di trasferire il giornale a Roma, acquisendone la proprietà, facendolo diventare organo ufficiale del Coni e ribattezzando la testata “il Littoriale” che ebbe un’esistenza avventurosa almeno nel finale storico, quando il 28 luglio 1943, caduto il Fascismo, tornò ad essere “Corriere dello Sport”. Fino al marzo del 1944, quando i tedeschi occuparono Roma e imposero il ritorno del “Littoriale”; passarono pochi giorni e il 4 giugno gli americani, occupanti/liberatori, ripristinarono l’antica testata. Il racconto dì queste traversie serve a sottolineare il peso politico dei giornali sportivi in quanto popolari. Anche in democrazia il ruolo non è cambiato: nel 1968, 1982, 2006 – vincendo un Europeo e due Mondiali – l’Italia ha rappresentato vistosamente le glorie dei relativi governi; e per documentarlo basta rammentare la partecipazione personale e diretta del Presidente della Repubblica Sandro Pertini al trionfo mondiale del 1982 a Madrid. Mussolini non si lasciò coinvolgere con altrettanta passione nel ‘34, nel ‘36 e nel ‘38.

A parte le stagioni patriottiche, il successo dei giornali sportivi viene sostanzialmente garantito dalle vittorie territoriali. Il “Corriere dello Sport” fa numeri eccellenti con la Roma, il Napoli, il Cagliari, la Lazio ma anche in tutto il Centro-Sud; “Stadio” resiste fin che può con Fiorentina e Bologna; la “Gazzetta” stramilanese vanta una copertura nazionale anche se nel frattempo il neonato “Corriere dello Sport-Stadio” con testata tricolore, dopo pochi anni, nel 1982 mondiale, colse il record delle vendite con 1.669.966 copie (2 milioni per il Mondiale del 2006, come la “Gazzetta”). A dimostrazione del valore politico dei giornali sportivi, i loro successi e insuccessi hanno determinato la diffusione dei quotidiani d’informazione. Soprattutto perché a partire dal direttore Giovanni Spadolini (uomo dal multiforme ingegno che mi fece diventare giornalista sportivo…per punirmi ) furono introdotte nel “Carlino” e nel “Corsera”  decine di pagine di sport soprattutto il lunedì. Quando nacquero il “Giornale” e “Repubblica” due giganti del giornalismo come Indro Montanelli e Eugenio Scalfari annunciarono ai lettori che le loro nuove testate non avrebbero avuto pagine dì sport. Dopo poco tempo non solo produssero pagine e pagine il lunedì ma si contesero Gianni Brera le cui ultime cronache apparvero sul quotidiano romano.
La nascita di “Tuttosport” aggiunge un dettaglio importante all’editoria sportiva. Il dopoguerra porta ancora il segno della Juventus pluriscudettata e si proietta contemporaneamente sulle gesta leggendarie del Grande Torino. Il quotidiano di Torino dedica ai granata le pagine più belle fino alla tragedia di Superga nella quale perde la vita anche il direttore Casalbore; altrettanto fa con la Juventus finché la Signora per popolarità e vittorie non diventa un caso nazionale.
Alla fine di questa panoramica dovrei raccontarvi del Guerin Sportivo, il settimanale – oggi mensile – che più ha innovato il giornalismo sportivo. Ha appena compito 110 anni, è il periodico VIVENTE più antico del mondo. Ma ve ne ho già parlato e il tema affidatomi è un altro, è il quotidiano. Mi ha stupito che due ex direttori del Guerino, pubblicando una storia “ufficiale” dei giornali, l’abbiano praticamente ignorato. Come mi disse un giorno Ferrari – sempre lui! – “Non faccia del bene se non sopporta l’ingratitudine”. Per fortuna il Libro che ha aggiornato nel tempo le opere di Paolo Facchinetti e Aldo Biscardi l’ho scritto io, insieme a Ivo Germano: “TRIBUNA STAMPA – Storia critica del giornalismo sportivo da Pindaro a Internet”. Mi sono divertito a scriverlo, divertitevi a leggerlo.

 

 

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