23.09.2020
Sport
| Danza
Steve La Chance: la mia vita nella danza e per la danza
Personaggio eclettico Steve La Chance: mille impegni, mille interessi e, famiglia a parte, una sola passione. La danza. Una disciplina che lo ha portato a calcare i palchi più famosi del mondo come ballerino e come coreografo e che, da quella volta di tanti anni fa all’American Ballet Theatre di New York, lo ha condotto in Italia dove è rimasto per amore: qui ha lavorato in trasmissioni come Fantastico, Sandra e Raimondo Show, Festivalbar, Telegatti affiancando personaggi del calibro di Pippo Baudo, Lorella Cuccarini, Heather Parisi, Sandra e Raimondo, Enrico Montesano.
Una passione difficile da fermare, eppure, il Covid è riuscito a fare anche questo e se è vero che il sentimento non si può arrestare, è anche vero che è l’attività ad aver subito una sospensione totale e repentina che nessuno avrebbe mai potuto immaginare. Eppure Steve, uomo dalle mille risorse, ha saputo trarre spunto anche da questo grave momento, costruendo qualcosa di positivo che resterà anche quando ci saremo messi l’emergenza alle spalle. Determinante in tutto questo l’incontro con ASI.
Viviamo un momento di grande incertezza anticipato da un lockdown che non ha precedenti nella storia: in che modo tu hai dato senso allo stop forzato che ci è stato imposto?
“Ho vissuto il periodo precedente in maniera molto frenetica per cui il tempo del lockdown mi è servito per riflettere su tutto quello che facciamo e come lo facciamo. Purtroppo ci siamo trovati per la prima volta nella vita in una situazione nella quale non puoi fare niente. Non puoi andare contro l’onda quando questa è così grossa.
Io ho ripreso solo adesso a settembre ad accogliere allievi nella mia scuola attraverso un campus, ma sono fortunato perché dispongo di sale enormi che potrebbero contenere 50/60 allievi, mentre io ho bloccato le iscrizioni a 20. Costa sacrificio, ma credo che, chi può, deve continuare per portare avanti i giovani.
Comunque è stato bruttissimo e ne subiremo le conseguenze ancora a lungo: 1/3 delle scuole di danza ha già chiuso e un altro terzo è ancora indeciso sul da farsi. So bene cosa vuol dire cercare di arrivare a fine mese e non avere i soldi per pagare l’affitto perché non parlo da ballerino, ma da proprietario di una scuola di danza".
C’è stato appoggio da parte del Governo per l’arte in genere e la danza in particolare?
“Credo che il Governo ci abbia un po’ abbandonati, ma dobbiamo resistere. Io sono molto positivo. Proprio per ricordare al Governo della nostra esistenza ho indetto una petizione ed ho raccolto 13mila firme tra operatori della danza, ma anche del canto, della recitazione e dell’arte in genere. Per restare sull’esempio della danza, dobbiamo ricordare che noi prepariamo persone per ambienti come la Scala di Milano, l’Opera di Roma, il San Carlo e la televisione in genere: se non riceviamo un aiuto, non ci troviamo in difficoltà solamente noi, ma anche tutta la filiera che da noi dipende”.
Parliamo del tuo rapporto con ASI.
“Conosco bene il mondo degli Enti di Promozione Sportiva e in particolare conosco Claudio Barbaro da tanti anni. Purtroppo durante il lockdown molte associazioni sono state abbandonate a loro stesse e non hanno trovato l’appoggio che si aspettavano dagli enti di riferimento. In questo frangente io invece mi sono trovato bene con ASI e pian piano le idee sono cresciute e sono diventate concrete perché in ASI credo di aver trovato il terreno fertile per dare vita ad un’idea che ho avuto per aiutare le società. Mi sono trovato a mio agio con ASI perché raccoglie persone molto aperte: pian piano le idee sono cresciute e si sono concretizzate; stiamo cercando di percorrere la via della professionalità e della qualità, anche se questo dovesse avere dei costi più alti. Per questo ho voluto distinguere gli ambiti e creare un’APS dedicata al nuovo progetto”.
Di cosa si tratta e come è nata l’idea?
“Durante il lockdown moltissime associazioni sono state lasciate completamente allo sbaraglio: non erano in grado autonomamente di interpretare i decreti, non capivano se e quando avrebbero potuto riaprire. Moltissimi mi hanno chiamato per avere un parere, un consiglio: io ho sempre demandato agli enti di appartenenza, ma troppo spesso non hanno trovato assistenza. Purtroppo la crisi per la pandemia ha evidenziato questa carenza. Allora ho cercato di rendermi utile organizzando una raccolta firme per rappresentare al Governo le istanze del mondo dell’arte: ho raccolto migliaia di adesioni, ma la cosa più importante è che ho conosciuto in quest’occasione moltissime persone, tante che ci hanno aiutato; anche io ho imparato alcune cose, alcune leggi e contemporaneamente mi sono reso conto che ci sono tante scuole che hanno bisogno di informazioni, di capire le leggi, come funzionano. Tutto questo mi ha fatto capire che dovevo fare qualcosa e qui è nata l’idea di L.A.D.A.P.”.
Che cosa ti ha spinto a voler prendere in mano la situazione?
“Io sono una persona di indole molto generosa, di quelle che provano una grande soddisfazione nell’aiutare gli altri; fosse pure una sola persona, mi riempie il cuore e mi lava l’anima poter contribuire in qualche modo”.
Parlami di L.A.D.A.P.
“L.A.D.A.P. (LaChance Asi Dance Art Project) è il nome dell’APS (Associazione di Promozione Sociale) che ho ideato in collaborazione con ASI proprio per supportare, tutelare e rappresentare tutti gli operatori del mondo della danza: perché non esiste solo la didattica e tutti gli aspetti vanno comunque curati. Metteremo a disposizione una completa rete di professionisti competenti nelle materie che ci interessano (commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro), che possano consigliare le Scuole di Danza in tutte le loro attività: troveranno assistenza già dalla loro costituzione nella scelta della forma giuridica, del regime fiscale più adatto, dei contratti da adottare per i collaboratori, per la registrazione autonoma nel portale dei tesseramenti, per l’attivazione dell’assicurazione specifica per i Ballerini ed i Danzatori o per avere una consulenza in merito all’emergenza Covid 19; cercheremo inoltre di dare assistenza per la partecipazione a bandi, progetti e disegni di legge finalizzati a diffondere la conoscenza e la crescita sociale, sportiva, culturale ed economica del mondo della danza. Faremo inoltre dei corsi di formazione professionale per insegnanti di Danza classica, contemporanea, moderna e musical. I corsi si articoleranno su 6/7 weekend per un totale di circa 75 ore in cui, attraverso 5/6 insegnanti qualificati per ogni materia, si affronteranno tanti argomenti, anche meno comuni, come musica, anatomia applicata alla danza, traumatologia applicata alla danza, fisiologia e storia della danza. Il lavoro è ben impostato e speriamo di poter ottenere il riconoscimento europeo”.
Non dimentichiamo però che Steve è nato ballerino, prima ancora che insegnante e imprenditore, e, in questo ruolo ha calcato palchi e scene tra le più prestigiose del mondo. Ma la passione per la danza che lo ha spinto a grandi risultati è nata forse un po’ in ritardo: nonostante la genetica abbia fatto sicuramente la sua parte realizzando con Steve e con sua figlia Giorgia rispettivamente la 5° e la 6° generazione di ballerini nella sua famiglia, le sue prime frequentazioni della sala di danza sono avvenute in tenera età per volontà della madre, solo per tenerlo fuori dai guai; Paula Morgan, insegnante e coreografa tra le più famose negli Stati Uniti, pensò di tenerlo vicino a sé, e lui, da parte sua, poco interessato alla materia, apprezzava invece la compagnia femminile di cui i corsi abbondavano.
Da studente di danza solo per frequentare ragazze a indiscusso sex symbol in pochi anni. Come è potuto avvenire un simile cambiamento?
“Ho iniziato a frequentare la danza intorno ai 5 anni a Los Angeles sotto la guida di mia madre che, in realtà, mi teneva in sala per avermi sotto controllo, dato che ero molto vivace e irrequieto: mi facevo spesso male e le mie preferenze andavano piuttosto verso sport come il football; infatti, negli anni a seguire, ho affiancato alla danza tante altre attività, come Wrestling o Taekwondo. Quindi ho iniziato semplicemente guardando le classi di mia madre; poi intorno agli 8/9 anni ho cominciato ad apprezzare le ragazze e mi sono reso conto che nelle classi di danza ne ero circondato, essendo spesso l’unico maschio; la danza ha quindi assunto un interesse diverso per me che dietro la sbarra guardavo la ragazza che mi stava davanti invece di concentrarmi sugli esercizi. La passione, quella vera, è arrivata un po’ più tardi. Che in seguito io sia diventato un sex symbol, non saprei; se lo dici tu…”.
Bellissimo e tenebroso, dunque, ma severo.
“Sono cresciuto così, come un Marine: sono nato a Subic Bay, una base militare americana nelle Filippine e mio padre era un militare; l’attitudine alla vita militare me la porto dietro nel lavoro e mi è stata molto utile nel corso della mia vita di ballerino: nella sala di danza anni fa si sudava e si lavorava, si sudava e si stava zitti, si sudava e si diceva grazie. Proprio come in una caserma”.
Altrettanto severo anche con le tue figlie?
“Un po’ meno: ho due figlie e sono anche nonno, di Anna, figlia di Giorgia, la mia primogenita; mentre la mia secondogenita si chiama Aurora. Come padre sono sicuramente più rilassato, anche perché quando Giorgia era piccola era molto ubbidiente: ovunque la lasciassi era molto buona e non si muoveva. Ho sempre pensato comunque che il rispetto verso i genitori è la cosa più importante: io per primo ho sempre avuto per i miei genitori il rispetto e l’orgoglio di mostrare loro cosa avevo saputo diventare. Giorgia ha sentito il peso del cognome che portava e per questo ha sempre rifiutato di studiare danza, o almeno così credevo: a 15 anni, quando mi ha chiesto di lavorare con me nella sala di danza, mi ha svelato che in realtà da anni mi osservava alle lezioni e poi provava da sola nella sua stanza.
In ogni caso andando avanti con l’età mi sono lasciato andare ancora un po’ di più, per cui con Aurora sono più permissivo e figuriamoci poi come sono diventato con mia nipote Anna!".
L’importanza della formazione degli insegnanti.
“Alla base di tutto c’è la danza classica. Man mano che andiamo avanti, purtroppo, devo notare che le persone che vogliono insegnare cercano sempre più di trovare la strada più facile per ottenere un pezzo di carta per poter lavorare; nel percorso normale di danza classica, invece, ci sono 8 livelli da superare in 11 anni e questo solo per diventare un ballerino; e poi c’è tutto il resto che serve a diventare insegnante. Oggi invece, se vuoi, in 4 ore puoi ottenere un diploma: un diploma, non un attestato! Un diploma che ti autorizza a lavorare. E tra l’altro si tratta spesso di corsi on line, cosa che, per una materia molto “fisica” come è la danza, è inimmaginabile: un insegnante deve poterti correggere, mettere le sue mani su di te… Per cui ormai ci sono anche insegnanti formati in questo modo che, solo perché si possono attaccare un diploma così ottenuto al muro della scuola, pensano di saper insegnare. Alcuni non sono stati mai neanche ballerini, mentre io credo che sia necessario prima capire a fondo la danza per poterla poi insegnare e quindi è necessario aver vissuto una sala di danza o un palcoscenico; sul palco, poi, ci sono delle regole ben precise che devi conoscere se vuoi preparare qualcuno che possa lavorarci. Ci sono poi invece tanti insegnanti bravi che è possibile non siano mai stati ballerini di alto livello, magari hanno raggiunto solo un livello medio, ma hanno comunque studiato duramente per arrivarci e possono quindi insegnare anche molto bene. Al contrario ci sono grandi ballerini che non sono anche dei grandi insegnanti e questo avviene perché normalmente finchè balli al massimo delle tue possibilità non hai una grande voglia di fare altro e l’insegnamento, si sa, è prima di tutto voglia di darsi; quando poi ad una certa età, come è normale che sia, il fisico ti lascia, allora è possibile che il grande ballerino riscopra la voglia di “darsi” agli altri in una maniera diversa”.
Quindi la scelta dell’insegnante è fondamentale?
“Assolutamente sì. Il primo consiglio che do a chi si vuole avvicinare alla danza è quello di scegliere bene il proprio insegnante: è la figura fondamentale che ti può far crescere come ti può rovinare.
E il mio secondo consiglio è quello di capire bene se si vuole davvero intraprendere lo studio della danza: raggiungere delle soddisfazioni in questo campo è molto dura e richiede un grande impegno sia fisico che mentale”.
Che ambiente è quello della scuola di danza?
“Anche qui dipende molto dall’insegnante: alcuni possono essere frustrati perché hanno ripiegato sull’insegnamento non essendo riusciti a fare carriera come ballerini; in questo caso l’ambiente che si crea è negativo e, considerato che nella sala di danza si devono passare molte ore, non è salutare. Poi ci sono quelli che invece ti insegnano davvero; anche oltre la danza; che ti fanno capire l’educazione, il lavoro duro, ma anche la gioia; allora la scuola di danza diventa una seconda casa e le tante ore passate lì fanno crescere davvero, e crescere dritti. Nella mia accademia ho fatto una sala studio, un posto tranquillo in cui tra una lezione e l’altra i ragazzi possano fare i compiti; da noi, come in qualunque buona scuola, sono tutti trattati allo stesso modo e problemi come il bullismo e l’anoressia vengono abbattuti; creiamo un ambiente positivo affinché i ragazzi si allontanino dalle brutte realtà e si ancorino invece saldamente ad un contesto costruttivo”.
La Chance Ballet: mi parli della tua la scuola a Roma, a Formello?
”Dopo anni di solo palco, 11/12 anni fa ho deciso di far nascere la mia scuola; con me e le mie figlie siamo alla 6° generazione di danzatori nella mia famiglia; a casa di mia madre è pieno di foto di mio nonno, del mio bisnonno e mia madre stessa è un’insegnante, tra l’altro tra le più apprezzate in America; già da piccolo ho vissuto molto la scuola di mia madre , l’ho vista far crescere i ragazzi nella tecnica e dal punto di vista umano, perciò so bene cosa vuol dire insegnare e mi piace. Ci tengo che i ragazzi non perdano tempo e crescano come dico io. Da me si studia qualunque tipo di danza oltre a canto, solfeggio, musical. Abbiamo corsi professionali con esami: un’accademia vera insomma.
Al mattino abbiamo i corsi professionali per ragazzi dai 16 anni in su ai quali si accede per audizione: sono proprio loro che studiano tutti i tipi di danza e poi musica, solfeggio, danza correttiva; il mio obiettivo è che quando escono dalla mia scuola possano misurarsi con qualsiasi tipo di audizione. Nel pomeriggio abbiamo invece i corsi accademici previsti per bambini dai 3/4 anni fino agli adulti non professionisti; e poi ci sono i corsi professionali che partono dagli 11 anni e, anche in questa fascia, devono studiare una gran varietà di materie”.
La scuola è totalizzante o riesci a dedicarti anche ad altro?
“La danza è la parte principale della mia vita, ma io ritengo che fissarsi in maniera esclusiva su qualcosa chiuda la mente e la immobilizzi; fare altre cose, invece, sperimentare, aiuta ad aprire la testa e la facilita nel pensare in maniera creativa. Io vivo tantissimo la mia famiglia, amo cucinare, ho riscoperto il piacere e la fatica di fare l’orto durante il lockdown; amo gli animali, i cavalli in particolare: quando vivevo a Trevignano avevo una dozzina di Quarter Horse, li domavo, lavoravo con loro. Negli Stati Uniti poi, adorando le macchine, avevo una collezione di Mustang. Insomma ho sempre avuto tanti interessi anche molto diversi tra loro e trovo che dedicarmici mi apra la mente e mi aiuti a creare anche nella danza”.
Quanto c’è di vero nel fatto che in Italia c’è poco spazio e che i danzatori italiani devono andare all’estero?
“E’ verissimo: i danzatori italiani devono andare all’estero. Qui in Italia le compagnie di danza sono poche (attualmente solo 3) e lo spazio televisivo, ad esempio rispetto al canto, è poco. Quando io sono arrivato in Italia con Fantastico 6 avevo 22 anni ed ero già conosciuto in tutto il mondo: avevo già fatto spettacoli, musical, films, videoclips ed avevo lavorato con maestri di calibro mondiale e nonostante ciò sono rimasto in Italia, ma solo perché mi sono sposato ed ho avuto una figlia, altrimenti sarei sicuramente tornato negli Stati Uniti che offrono un ambiente professionale più soddisfacente”.
Che spazio c’è per la danza nella televisione italiana di oggi?
“Purtroppo lo spazio dedicato alla danza oggi è ben diverso che in passato: anni fa avevamo intere parti di trasmissioni dedicate al ballo, minuti e minuti di arte in movimento; oggi ci si limita a costruire degli stacchetti di 20 secondi, come fossero spot; spesso poi assistiamo a regie e coreografie che puntano l’attenzione dello spettatore più sul corpo dei ballerini che sulla loro tecnica; talvolta si manca un po’ di eleganza nel tentativo di assecondare l’audience”.
Quanto è importante la forza di volontà nella danza?
“Ti racconto un episodio che lo spiega: a 22 anni ero in moto con la mia ragazza e abbiamo avuto un incidente: sono volato dalla moto e ho preso un idrante; quando mi sono alzato sono andato dalla mia fidanzata e lei incredula mi ha indicato la mia gamba: la pelle sembrava strappata via da un certo punto in giù, ho perso talmente tanto sangue che sono rimasto in coma 5 giorni; ho subito 3 interventi, ma la prima volta che ho tentato di alzarmi dal letto sono caduto. Non mi sentivo la gamba e i dottori mi dissero che non avevo possibilità di tornare come prima. Ed è qui che ho dovuto mettere alla prova la mia forza di volontà. Ho rifiutato la fisioterapista che mi era stata assegnata, ma ho lavorato con mia madre a casa; la prescrizione era di una seduta di fisioterapia al giorno: io ho lavorato ogni giorno 3 o 4 volte. Dopo 6 mesi ho fatto Fantastico 6… e non avevo ancora completa sensibilità alla gamba.
In questo episodio sono stato molto fortunato prima e molto testardo dopo. Sono guarito grazie al lavoro fatto con mia madre, sotto gli occhi increduli dei medici che credevano che non avrei più sentito la mia gamba e non avrei mai più potuto ballare; sono guarito grazie alla forza di volontà mia e di mia madre: siamo due danzatori, non poteva essere diversamente. Per rispondere alla domanda, quindi, posso dire che la forza di volontà per un danzatore è importantissima, fondamentale: devi saper essere testardo e riuscire ad andare avanti. Inoltre penso che i danzatori siano tra le persone che sanno resistere meglio al dolore: il continuo lavoro sul fisico li sottopone spesso al dolore per cui dopo un po’ imparano a conviverci, altrimenti non vanno avanti. Io dunque ero già abituato al dolore, ma non ero abituato a non sentirmi un arto. Ho imparato anche quello: per anni ho danzato avendo recuperato solo parzialmente la sensibilità nella gamba, ma ho imparato a sopperire anche a questo disagio annullandolo esattamente come faccio per il dolore e dopo un po’ mi sono abituato anche a danzare senza sentire quella gamba. Del resto ho vissuto i primi anni della mia vita come un Marine e questa impronta mi è rimasta e più volte nella vita mi è stata utile”.
La danza è considerata un’arte: qual è la differenza tra sport e arte?
“Diciamo che l’impegno fisico che noi ballerini mettiamo nel nostro lavoro è paragonabile a quello di uno sport ad alto livello; ma a questo aggiungiamo un’espressività che fa dell’attività puramente fisica, un’arte.
Inoltre che ritengo che, anche tra le arti, la danza sia particolare: è l’unica che ti fa usare contemporaneamente fisico, cuore, passione, testa ed emozioni: funziona sul palco quando io, ballerino, riesco ad emozionarmi per primo e solo allora riesco ad emozionare anche il pubblico, trasmettendogli qualcosa”.
Il tuo arrivo in Italia grazie a papà Pippo: ti sei riferito più volte così a Pippo Baudo.
“Abbiamo sicuramente sempre avuto un rapporto particolare; ci sentiamo ancora spesso al telefono. Quando io sono arrivato in Italia è stato grazie a lui : mi ha notato in seguito ad un video girato per Grace Jones e mi ha voluto per i suoi spettacoli. Era il 1985 ed ho esordito nella televisione italiana con Fantastico 6, avendo come partner Galyn Görg, insieme ad un'altra coppia di ballerini, formata da Manuel Franjo e una Lorella Cuccarini che all’epoca era alla sua prima esperienza di rilievo. Quando sono arrivato in Italia non parlavo la lingua e non capivo quindi se gli altri parlassero bene o male di me: noi danzatori siamo molto permalosi e io volevo sapere cosa dicevano a me o di me: Pippo lo aveva capito e, parlando un buon inglese, mi traduceva tutto. E poi essendo lui stesso molto professionale, apprezza la professionalità anche negli altri e quindi con me e Galyn è sempre stato molto generoso, quasi ci coccolava”.
Anche Sandra e Raimondo vi hanno coccolato?
“Eravamo a Milano (sempre con Galyn Görg come partner). Sono stati semplicemente stupendi: come una mamma e un papà. Per qualsiasi cosa di cui avessimo bisogno o solo anche desiderio loro c’erano: sono stati a fianco a noi al 100%. Ci hanno aperto le porte di casa loro e sono stati a volte anche da noi. Delle persone speciali dal punto di vista umano.
Per quello che riguarda la parte professionale, sono stati i primi ad affidarmi anche tutta la parte di coreografia: mi hanno dato carta bianca e così ho fatto con loro il mio esordio nella coreografia”.
Lorella Cuccarini e Heather Parisi: a lungo si sono contese il pubblico italiano. Tu hai lavorato con entrambe.
“Beh, ho incontrato Lorella per la prima volta in occasione di Fantastico 6: io ero appena arrivato in Italia e lei aveva 18 anni ed era al suo primo lavoro importante; Heather invece era a Fantastico già dalla terza edizione e comunque veniva da una compagnia di danza classica ed aveva tutte le qualità e attitudini anche nel canto e nella recitazione. Chiaramente quindi all’epoca Heather era più preparata, ma Lorella ha impiegato gli anni a venire per studiare.
Caratterialmente devo dire che sono sempre state molto diverse, direi quasi opposte nella personalità”.
Qualche personaggio che, pur non essendo un ballerino, ti ha stupito nel suo modo di danzare?
“Con Fantastico 9 ho lavorato anche con Anna Oxa; oltre ad essere una bravissima cantante, Anna ha anche molta attitudine per la danza, pur non essendo una ballerina. Abbiamo fatto qualche passo a due e si sa muovere bene. E’ una persona particolarissima: nel look come nel carattere; molto gentile, umile e aperta a tutto”.
E poi mi è capitato di lavorare con Silvio Muccino: mi ha chiamato 3 o 4 anni fa per preparare la parte ballata del suo film “Le leggi del desiderio”. Interpretava il personaggio di un venditore americano esperto in marketing piramidale che prendeva spunto da un personaggio realmente esistito. E’ venuto alla mia scuola e abbiamo lavorato lì. E’ un ragazzo simpaticissimo, mattacchione e fuori di testa in modo giusto, un classico attore con la mente sempre in movimento. Sai quante volte sono dovuto intervenire per rimetterlo nella concentrazione ?!” (risata).
Hai lungamente frequentato il mondo della televisione italiana perciò hai conosciuto una miriade di personaggi dello spettacolo. C’è qualcuno che ti è rimasto nel cuore o impresso nella mente per qualche motivo?
“Se vuoi lavorare bene, tutti sono importanti in quel momento. E poi io devo comunque trovare sempre qualcosa di speciale nelle persone con cui lavoro: se non riesco a trovare passione non riesco neanche a mettere passione, e questa è la situazione in cui in genere lascio. Devo dire comunque che capita raramente che io abbandoni qualcosa perché una mia qualità è quella di avere molta pazienza; ma può succedere. Ad esempio è successo per Amici: ogni programma televisivo longevo, nel tempo, subisce cambiamenti per inseguire i gusti del pubblico; come in Italia, anche negli Stati Uniti in questo momento sono molto richieste le trasmissioni in cui le persone discutono e litigano: l’importante è che non si metta mai un artista nelle condizioni di essere giudicato da qualcuno che non è abbastanza competente o che possiede competenza per una materia diversa da quella praticata dall’artista stesso. Io ho cominciato in quella trasmissione come giudice esterno e poi, dopo un paio di lezioni di passo a due, sono entrato come insegnante. All’epoca ricordo che tutti i ragazzi, qualunque fosse la loro provenienza artistica, dovevano imparare tutto: un cantante doveva studiare anche danza e viceversa. Ci ho passato 9 anni e in questo lungo tempo ho visto dei cambiamenti: come ogni cosa bella anche quell’esperienza si è chiusa; nato come un talent show, aveva alla fine assunto una connotazione più vicina a quella del reality show, ma io ritengo che, dato che la danza non è un’arte parlata, dobbiamo dare più spazio all’arte e meno alle chiacchiere da gossip”.
Tra un ricordo e l’altro, nonostante la situazione attuale sia gravata da un futuro incerto, le parole di Steve tradiscono un certo ottimismo.
L’entusiasmo per ciò che si fa, dunque, può essere la ricetta per far ripartire una stagione difficile?
“Sappiamo già che molte scuole non avranno la possibilità di riaprire e altre avranno delle difficoltà; dobbiamo cercare di andare avanti per i nostri ragazzi con tanta grinta, tanta forza, tanto cuore e soprattutto con tanta attenzione alla sicurezza. Voglio pensare positivamente. Il periodo è quello che è, ma non dobbiamo dimenticare chi siamo e cosa abbiamo fatto fino ad oggi, per la danza e per gli allievi”.
A 17 anni inizia a lavorare con il coreografo Bob Fosse, con cui fa anche il tour di Dancing e di All that Jazz – Lo spettacolo continua. Ricordiamo inoltre Can Can e Sette spose per sette fratelli. In seguito partecipa a tre film musicali: Breakin, Girls just want to have fun e Dance Academy. Appare nella serie televisiva Solid Gold. Balla anche in numerosi video musicali tra cui uno per Grace Jones dove viene notato da Pippo Baudo, che lo chiama, nel 1985, per Fantastico 6 con Galyn Görg come partner e insieme ad un'altra coppia di ballerini: Lorella Cuccarini e Manuel Franjo. Seguiranno poi Sandra e Raimondo Show, Festivalbar, I Telegatti e Fantastico 9 con Enrico Montesano e Anna Oxa.
Lavora anche con Heather Parisi in diverse trasmissioni come Stasera Lino del 1989 e Serata d'onore. Ad una serata conosce la ballerina Claudia Scimonelli, oggi sua ex moglie, e inizia a coreografare i suoi balletti. Dalla loro unione è nata Giorgia, anch'essa ballerina, che gli ha dato nel 2015 una nipote: Anna.
Nel 1991 è primo ballerino e coreografo nella serata di gala della consegna degli Oscar a Hollywood. Nel 1994 fa parte del corpo di ballo de La sai l'ultima? di Pippo Franco. L'ultima trasmissione televisiva in cui ha lavorato come ballerino è stata In famiglia in coppia con Mia Molinari.
Dal 2002 al 2010 ha ricoperto il ruolo di insegnante di danza jazz all'interno della scuola televisiva Amici di Maria De Filippi.
È inoltre intensa la sua attività di docente di danza modern jazz in tutto il territorio italiano, in collaborazione con I.D.A. (International Dance Association), che ha sede a Ravenna di cui è Direttore Artistico di corsi di specializzazione per insegnanti e ballerini professionisti, nonché stage di perfezionamento aperti ai giovani danzatori. Nel 2008 apre a Formello la scuola di danza la La Chance Ballet: segue lui stesso i corsi, affiancato da docenti di alto livello, da sua figlia Giorgia e dalla sua compagna Grazia Mollica, direttrice e coordinatrice didattica, che gli ha dato la sua seconda figlia: Aurora.
[ Chiara Minelli ]
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