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28.10.2019

Istituzionale

Compensi sportivi dilettantistici: proviamo a fare un decalogo

Si è appena avviata una nuova stagione sportiva e tra le varie difficoltà quotidiane che i dirigenti devono fronteggiare, un cruccio costante è riservato all’inquadramento dei collaboratori sportivi: come fare per il socio dipendente pubblico che tre sere a settimana allena i pulcini della squadra? E per gli istruttori dei corsi, impegnati tutti i giorni? Infine bisognerà riconoscere un compenso al segretario che dedica fin troppo tempo alla contabilità e al tesseramento oppure  all’addetta alla reception, occupata mezza giornata.
Le valutazioni e le risposte dipendono ovviamente dal caso concreto e dalla consapevolezza dei riferimenti normativi. Quindi prima di passare al come e quando – qui sotto, alla fine del testo – è opportuno ripercorrere brevemente il contesto in cui opera l’agevolazione.

Il quadro normativo: orientamenti della giurisprudenza e della prassi
I dubbi sono pienamente legittimi perché a fronte della disciplina fiscale sui compensi sportivi dilettantistici  continua a mancare un inquadramento lavoristico dei rapporti e delle prestazioni. La norma di riferimento è infatti l’art.67 comma I lett.m) t.u.i.r., che colloca tra i redditi diversi le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, il premi e i compensi erogati da a.s.d./s.s.d., Coni, Federazioni ed Enti di Promozione Sportiva  nell’ esercizio diretto di attività sportiva dilettantistica. L’agevolazione è stata estesa dall’art. 90 L.289/02 anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo gestionale di natura non professionale, resi in favore di a.s.d./s.s.d. e, per effetto dell’art.35 co.6 D.L.207/08 conv.L.14/09, anche in favore di FSN, DSA, EPS e rispettive articolazioni territoriali. La qualifica di reddito diverso comporta l’esclusione dal pagamento di contributi previdenziali, a prescindere dell’ammontare dell’importo corrisposto. La soglia di euro 10.000 annui (così aumentata dalla legge di bilancio 2018 a partire dal 1/1/2018) riguarda la sola imponibilità fiscale, come previsto  dall’art. 69 comma II t.u.i.r..

Si ricorderà che con la legge di bilancio 2018 erano state introdotte le c.d. co.co.co. sportive quale tipologia di lavoro sportivo dilettantistico: si trattava di una disciplina sostanziale del rapporto di lavoro che per le a.s.d./s.s.d. (non lucrative) avrebbe comunque beneficiato del regime agevolato per i redditi diversi. La riforma è di fatto rimasta inapplicata in quanto ben presto abrogata dal decreto dignità (D.L.87/18 del 12/7/2018).  Rimane dunque ancora aperta l’annosa questione sulla natura dei rapporti in ambito sportivo dilettantistico, che si può efficacemente riassumere in una semplice domanda: sportivi dilettanti per passione o per lavoro? Detta in altri termini: è possibile usufruire dell’agevolazione in presenza di veri e propri rapporti di lavoro, autonomi professionali o subordinati?

L’incipit dell’art.67 t.u.i.r. stabilisce che i redditi diversi non devono essere conseguiti nell’esercizio di arti e professioni né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente: di qui, secondo una interpretazione rigorosa, i compensi e i rimborsi in ambito sportivo dilettantistico previsti dalla lett.m) dell’art.67 sarebbero consentiti soltanto in presenza di una causa ludica/associativa o per prestazioni occasionali.

Invece, secondo una lettura più evolutiva della norma –  seguita da un importante filone della giurisprudenza di merito (si richiamano in particolare App. Firenze, 683/14; App. Milano, sez. lav.,n.1206/17; C.App. Bologna, sez.lav., n.250/2016; App. Venezia, sez.lav., 152/2019) – l’agevolazione in parola introduce una presunzione di dilettantismo e, in definitiva, un’area lavorativa speciale che gode di un regime differenziato e di un trattamento privilegiato sotto il profilo fiscale e soprattutto previdenziale, considerata la peculiarità del settore e l’importante funzione sociale dello sport dilettantistico.

Così anche la circolare n.1/2016 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro laddove precisa che “La volontà del legislatore è quella di riservare ai rapporti di collaborazione sportivo-dilettantistici una normativa speciale volta a favorire e ad agevolare la pratica dello sport dilettantistico, rimarcando la specificità di tale settore che contempla anche un trattamento differenziato rispetto alla disciplina generale che regola i rapporti di lavoro”.

Pur tuttavia, nonostante queste importanti e autorevoli aperture, non mancano decisioni giurisprudenziali di segno opposto, come C.App. Roma, n.2924/18 e C.App. Campobasso, n.285/19, ancora appiattite sulle posizioni dell’ente previdenziale (ENPALS ora INPS gestione PALS – ex ENPALS)  e in particolare sugli indici di professionalità della Circolare 7/8/2006 n.13:

a) abitualità della prestazione, anche non esclusiva né preminente;
b) non marginalità dei compensi;
c) possesso di specifiche conoscenze tecniche;
d) pluricommittenza.

I dubbi e le incertezze interpretative rimangono dunque irrisolti da quasi vent’anni  quando  – con la modifica  introdotta dall’art. 37 comma I lett.c) della L. 21/11/2000 n.342 – i rimborsi, le indennità e i compensi sono stati collocati tutti, a prescindere dal loro ammontare, nel regime dei redditi diversi e pertanto esclusi da ogni onere previdenziale e contributivo, con la inevitabile conseguenza di attrarre  anche quelle situazioni che per durata, complessità, caratteristiche del prestatore e ammontare del compenso, potrebbero configurare a tutti gli effetti una vera e propria prestazione lavorativa.

Verso nuove prospettive
Il legislatore è consapevole della necessità di intervenire a regolare la materia disciplinando il lavoro sportivo dilettantistico, obiettivo che non a caso occupa un posto di rilievo nella recente legge delega sullo sport, L.8 agosto 2019, n. 86   recante appunto Deleghe al Governo e altre disposizioni in materia di ordinamento sportivo, di professioni sportive nonché di semplificazione.
Lo scopo dichiarato è quello di  garantire l’osservanza dei princìpi di parità di trattamento e di non discriminazione nel lavoro sportivo, sia nel settore dilettantistico sia nel settore professionistico, e di assicurare la stabilità e la sostenibilità del sistema dello sport. In particolare l’art.5 comma 1 lett.b),  riconosce il principio della specificità dello sport e del rapporto di lavoro sportivo come definito a livello nazionale e dell’Unione europea, nonché il principio delle pari opportunità, anche per le persone con disabilità, nella pratica sportiva e nell’accesso al lavoro sportivo sia nel settore dilettantistico sia nel settore professionistico.

La norma inoltre si prefigge:

alla c) di individuare la figura del lavoratore sportivo, indipendentemente dalla natura dilettantistica o professionistica dell’attività sportiva svolta, e di definire la relativa disciplina in materia assicurativa, previdenziale e fiscale e delle regole di gestione del relativo fondo di previdenza;
alla f) di disciplinare i rapporti di collaborazione di carattere amministrativo gestionale di natura non professionale per le prestazioni rese in favore delle società e associazioni sportive dilettantistiche, tenendo conto delle peculiarità di queste ultime e del loro fine non lucrativo;
alla i) di dare riconoscimento giuridico  alla figura del laureato in scienze motorie.

Il provvedimento è, come detto, una legge delega che in quanto tale contiene soltanto principi e criteri direttivi – peraltro abbastanza vaghi –  che potranno trovare concreta formulazione soltanto attraverso la legislazione delegata. Si dovranno dunque attendere i decreti legislativi da adottare entro agosto 2020 (dodici mesi dall’entrata in vigore della legge delega) –  ammesso che il Governo rispetti il termine –   per capire come nel concreto verranno definiti e disciplinati i rapporti di lavoro in ambito sportivo, sia per gli aspetti civilistici sia sotto il profilo del trattamento fiscale e previdenziale.

Compensi sportivi: come e quando
Nel frattempo come regolarsi?
Premesso e ribadito che ogni situazione va valutata in concreto, si possono qui riepilogare in una sorta di decalogo le condizioni per beneficiare dell’agevolazione e alcuni aspetti di rilevanza fiscale, evidenziando le situazioni più critiche, che impongono di agire con prudenza e consapevolezza, affidandosi a consulenti specialisti della materia per individuare il corretto inquadramento delle risorse umane del sodalizio alla luce delle specifiche del caso.

  • La a.s.d./s.s.d. che eroga il compenso deve essere regolarmente iscritta al Registro CONI.
  • Le prestazioni devono riferirsi esclusivamente a discipline comprese nell’elenco CONI tra quelle ammissibili al Registro.
  • Le prestazioni sportive c.d. pure comprendono gli atleti, gli allenatori, i preparatori, gli istruttori, gli arbitri e ogni altra figura anche ausiliaria, necessaria allo svolgimento degli eventi sportivi, didattici e formativi – il rapporto si formalizza di solito con lettera di incarico che deve contenere durata, oggetto della prestazione, termini e modalità di pagamento.
  • Le prestazioni amministrative-gestionali comprendono le attività di segreteria, raccolta iscrizioni, tenuta cassa e contabilità, svolte in assenza di conoscenze tecnico giuridiche collegate all’attività di lavoro autonomo esercitata abitualmente; il rapporto si deve formalizzare con contratto di collaborazione coordinata e continuativa e deve assolvere agli adempienti amministrativi previsti per tale tipologia (denuncia preventiva Unilav e Iscrizione LUL – come chiarito dall’interpello ministeriale n.22/2010)
  • Il compenso non concorre alla formazione del reddito fino alla soglia annua di euro 10.000 per percipiente e per anno solare di imposta ( ad esempio anno 2019 – non si riferisce invece alla durata dell’anno sportivo, ad esempio 2019/2020); il percipiente all’atto di ogni pagamento deve autocertificare alla a.s.d./s.s.d. di avere o meno superato la soglia di imponibilità. Sulle somme eccedenti – da euro 10.000 a euro 30.658,28 – va operata la ritenuta irpef del 23% a titolo di imposta oltre alle addizionali (regionale e comunale); dopo il superamento della seconda soglia (oltre 30.658,28), la ritenuta è a titolo d’acconto.
  • La a.s.d./s.s.d. erogante deve assolvere agli oneri del sostituto di imposta: provvedere annualmente entro il 7 marzo – o nell’eventuale diverso termine di legge – alla certificazione unica dei compensi corrisposti nell’anno precedente, anche se inferiori alla soglia di euro 10.000; provvedere, per i compensi eccedenti, alla trasmissione del modello 770 in riferimento alle somme corrisposte nel periodo di imposta precedente.
  • I dipendenti pubblici possono prestare attività in favore di a.s.d./s.s.d. all’infuori del proprio orario di lavoro e previa comunicazione all’amministrazione (art. 90 comma 23 L.289/02): non è necessaria quindi la preventiva autorizzazione; possono percepire indennità e rimborsi forfetari di spesa, ritenuti compatibili con la richiesta gratuità degli incarichi.
  • I compensi sportivi dilettantistici, in quanto redditi diversi, sono cumulabili con le indennità NASpi e il beneficiario non è tenuto a effettuarne comunicazione all’INPS (Circolare INPS, 23/11/2017); invece sono rilevanti – e quindi incidono – sul calcolo del reddito del nucleo familiare sia per l’ISEE sia per gli assegni familiari, anche se di importo inferiori alla soglia di euro 10.000.
  • NON devono riferirsi a prestazioni di lavoro subordinato: la natura del rapporto si valuta nel suo concreto svolgimento – a prescindere dal nome utilizzato dalle parti nel contratto o dall’inserimento di generiche clausole che escludono la subordinazione; è fondamentale dunque per comprovare la genuinità del rapporto che nei comportamenti posti in essere non si ravvisino i tipici indici di subordinazione (imposizione e controllo dell’orario, divieto di allontanarsi, obbligo di giustificare le assenze ecc.) che denotano l’esercizio del potere direttivo da parte del committente e che possono comportare la riqualificazione del rapporto in lavoro subordinato, con conseguente uscita dal regime agevolato dei redditi diversi, assoggettamento e oneri contributivi, previdenziali e fiscali e comminazione di pesanti sanzioni amministrative per lavoro irregolare.
  • NON devono riferirsi a prestazioni di lavoro autonomo professionale : anche se un importante filone della giurisprudenza – come detto sopra – ammette la possibilità di erogare i compensi a sportivi dilettanti che siano c.d. professionisti di fatto, rimane l’incertezza applicativa in mancanza di un intervento del legislatore; pertanto è assolutamente doveroso valutare le situazioni più critiche alla luce degli indici di professionalità solitamente contestati in sede di ispezioni e verifiche, in particolare per istruttori e addetti agli impianti (per i quali gli obblighi contributivi scattano indipendentemente dalla natura subordinata o autonoma del rapporto; diverso invece il caso degli atleti, per i quali i contributi previdenziali sono dovuti solo in presenza di un rapporto di lavoro dipendente). Tra gli indici di professionalità, il possesso di conoscenze tecniche, deve considerarsi in parte superato dopo i chiarimenti della circolare INL 1/2016, dove si specifica che la qualifica acquisita attraverso specifici corsi di formazione tenuti dalle Federazioni non rappresenta in alcun modo un requisito da solo sufficiente per ricondurre tali compensi tra i redditi da lavoro autonomo. La ripetitività, continuità e abitualità della prestazione sono insite nella natura della prestazione sportiva resa nell’ambito dello sport organizzato e non appaiono di per sé così determinanti per qualificare una prestazione professionale; tuttavia andranno valutate con estrema cautela e “ripensate” quelle situazioni caratterizzate dalla durata pluriennale, dal compenso non marginale e dall’assenza di altre posizioni reddituali che consentano al beneficiario di trarre il proprio sostentamento.

La presenza di tali elementi impone prudenzialmente di inquadrare il rapporto (autonomo) in una collaborazione coordinata e continuativa (art.2 comma II lett.d) D.Lg.vo 81/2015) o – in caso di pluricommittenza – di optare per l’esercizio di attività libera professionale da parte del collaboratore. Superfluo aggiungere che quando l’istruttore/collaboratore operi con partita iva non è più possibile riconoscergli compensi in esenzione.
Per concludere si potrebbe aggiungere un’ultima regola, programmatica:
auspicare che questa sia l’ultima stagione sportiva di incertezze, perché con la prossima dovrebbero arrivare i nuovi decreti delegati sulla riforma del lavoro sportivo.
Sarà la volta buona?
 

 [  Biancamaria Stivanello, Avvocato del Foro di Padova  ]

 

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