20.07.2022

Sportivando

Professionismo femminile. Luci e ombre

Dalla rivista Primato, giugno 2022.

E quella favola chiamata Fiammamonza…

Con una piccola eccezione alla tradizione, questo spazio ospita una foto. Quella di uno scatolone in cartone… All’interno, la storia del Calcio Femminile ai pionieristici esordi. Solo una parte dei documenti donati al nostro Ente da Natalina Ceraso Levati. La “professoressa” Levati, docente di latino con la passione per il Calcio trasmessa dal padre Reno, l’uomo al quale si deve la nascita nel 1970 della Fiammamonza, leggenda del Centro Nazionale Sportivo Fiamma prima e di ASI poi, periodo nel quale la società vincerà uno storico Scudetto, regalando anche tante atlete alla Nazionale: come, ad esempio, Milena Bartolini, oggi commissario tecnico Azzurro.
È il 1933 quando a Milano viene fondato il Gruppo Femminile Calcistico, di fatto un comitato organizzatore dei campionati locali ai primi vagiti. Solo nel 1986, cinquant’anni dopo, il football delle donne entrerà a far parte della FIGC: sarà eletta come presidente della Divisione Femminile proprio la Levati, la nostra dirigente, il cui operato sarà decisivo per lo sviluppo del movimento in Italia. Con la sua gestione le squadre partecipanti ai campionati nazionali aumenteranno di oltre il 50%, e le tesserate del 120%, passando da meno di 10mila a circa 22.000.
Ricordo come fosse oggi quella telefonata della professoressa che avrebbe di lì a poco iniziato a costruire un nuovo futuro per il Calcio femminile in Italia, forte dell’esperienza maturata nella nostra grande casa. Ricordo anche un velo di malinconia e preoccupazione nel dover lasciare le ‘sue’ ragazze e quella richiesta fatta a bruciapelo: “Claudio, nel segno della continuità, diventa tu Presidente”. Accettai e furono anni straordinari.
Il Fiamma prima e l’ASI poi, con la sua energia vitale diffusa sull’intero territorio nazionale, ha dato vita a tante realtà. Il Fiammamonza e, grazie al lavoro della Levati anche il movimento femminile, ne sono esempi.

Anche le donne diventano professioniste
Nel 2019 – dopo tanta acqua passata sotto i ponti e migliaia di partite sui campi sterrati – si è giocato il Mondiale in Francia. Ventuno milioni di persone hanno seguito la Nazionale Femminile durante il torneo iridato (quasi 90mila spettatori hanno visto dal vivo le gare delle Azzurre). Rai e Sky, hanno trasmesso il Mondiale raggiungendo complessivamente, nelle 5 gare disputate dall’Italia, 24,41 milioni di telespettatori (media di 4,88 milioni a partita), con uno share medio del 31,84%. Dopo il torneo, vero e proprio spartiacque, il 34,1% degli italiani ha dichiarato di essere interessato al calcio femminile…
Dal primo luglio 2022, invece, il Decreto legislativo n. 36 del 28 febbraio 2021 e la conseguente decisione storica della Federcalcio, traghetta le donne verso il professionismo, sebbene limitatamente alla serie A. La spinta mediatica dei numeri mondiali ha sicuramente giocato un ruolo fondamentale.
Le atlete potranno ora usufruire di un contratto collettivo che stabilisce stipendi più elevati, la maturazione dei contributi pensionistici e altre tutele di tipo legale e sanitario. Il Dlgs approdato in Gazzetta Ufficiale nel 2021 ha istituito il “Fondo per il professionismo negli sport femminili” con una dotazione complessiva di 10,7 milioni, scadenza 2022, per la transizione al professionismo sportivo e l’allargamento delle tutele assicurative e assistenziali delle atlete.

Lavoro sportivo e professionismo femminile. Lati di una stessa medaglia
Ma dopo il 2022? Per alimentare il percorso del professionismo, sulla carta sacrosanto, è necessario trovare stabilmente delle risorse. E, ad oggi vi sono solo due modi per far si che questo accada: che lo Stato continui a farsi carico dei costi, ignorando le leggi del mercato in base alle quali a una attività deve corrispondere anche un introito. O reperendo le risorse all’interno del sistema sportivo attraverso i soldi che, nello specifico, il Calcio maschile produce e che possono, legittimamente, all’interno degli organi collegiali della Federcalcio, essere dirottati verso il finanziamento delle società sportive.
Ma la domanda che ci siamo sempre posti è: perché andare a creare un sistema artificiosamente sorretto dai soldi dello Stato, o di una componente interna, se il movimento non produce ancora quegli introiti che potrebbero essere utili per i contratti di lavoro subordinato che ne potrebbero discendere?
Una diretta conseguenza di questo provvedimento sarà anche l’allargamento della forbice tra club più ricchi e quelli più poveri: questa riforma potrà essere meglio assorbita dalle società sportive di livello che già fanno la Serie A, che attirano capitali privati o che rappresentano sezioni femminili di società importanti e strutturate, come nel caso della Juventus, a danno di realtà più piccole che combattono quotidianamente, oltre che sul campo, anche con i bilanci.
Tema molto spinoso, come anche quello del lavoro sportivo la cui riforma darebbe la giusta e desiderata dignità a chi opera in questo comparto, con quelle criticità legate alla sostenibilità del sistema da non sottovalutare e delle quali abbiamo esaurientemente scritto nel precedente editoriale di Primato.

Siamo di fronte, in entrambi i casi, a un Giano Bifronte.

Nb. Quella favola chiamata Fiammamonza. Una storia da raccontare
Mi sia permesso, in chiusura, ancora un tuffo nel passato. Per raccontare la nascita della Fiammamonza che ha qualcosa di romantico e virtuoso che vale la pena di ricordare per i principi così aderenti al sentire del nostro Ente.
La polisportiva Fiammamonza, alle porte degli anni Settanta, praticava già Basket, Atletica e Volley, tutto declinato al femminile. Non ancora il Calcio.
Arrivò la chiamata di Mamma Rita, un centro residenziale nel brianzolo che agiva in ambito sociale con famiglie disagiate, desiderato da Rita Tonoli e in suo onore così chiamato. Chiesero a Reno Ceraso, il papà di Natalina, la disponibilità a far praticare sport a quelle ragazze. Così nacque il primo nucleo di una squadra destinata, qualche anno più tardi e sotto le insegne di ASI, a vincere uno storico Scudetto.
Una piccola grande favola. D’altri tempi…

 

 

Ci ha lasciato Giacomo De Santis

Giacomo era un punto di riferimento del Centro Nazionale Sportivo Fiamma e negli ultimi anni aveva riallacciato con ASI i legami occupandosi di iniziative culturali. Bellissimo il suo musical dedicato a Papa Wojtyła rappresentato all’auditorium di Via della Conciliazione. Negli ultimi tempi, sino purtroppo alla triste notizia, aveva iniziato a collaborare con il nostro ufficio Comunicazione mostrando, nonostante i suoi problemi di salute, leggerezza e serena consapevolezza (parole degli amici dell’ASI e non mie).
Ps. Nel 1983 le dimissioni di Giacomo dal CNS Fiamma furono l’anticamera del mio ingresso nello sport, mondo che adoravo. Da lì, a breve, presi il suo posto e iniziò un percorso politico-sportivo che dura ancora oggi.
La nostra grande famiglia abbraccia tutta la famiglia De Santis e rispettosa abbassa ancora le sue insegne.

 

 

 

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