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07.01.2021

Sport

| Ginnastica artistica

​ASI incontra la storia della Ginnastica olimpica: Franco Menichelli e un sogno iniziato sessant’anni fa

Nella sua specialità ha fatto la storia e portato lustro ai colori azzurri. Ama insegnare ai giovani, spronarli, come accaduto nel centro estivo di ASI "Olimpia Summer Camp" a Roma, dove qualche tempo fa, prima di una pandemia che ha sconvolto le nostre abitudini anche sportive, era stato ospite d'onore insieme con la moglie, Gabriella Pozzuolo, anch'essa campionessa di Ginnastica.
Stiamo parlando di Franco Menichelli ex ginnasta e allenatore di Ginnastica Artistica italiano, campione olimpico a Tokyo 1964. Cinque medaglie, per lui, in tre edizioni dei Giochi, campione europeo assoluto nel 1965 e, complessivamente, altre cinque volte nelle classifiche di specialità. Ha introdotto numerose innovazioni stilistiche e tecniche nel mondo della ginnastica artistica, tra le quali quella di gareggiare al corpo libero indossando i pantaloncini corti al posto di quelli lunghi di colore bianco. E, recentemente, è stata intitolata una targa a lui dedicata. Nell'ambito della  Walk of Fame dello sport italiano, il percorso stradale di Roma lastricato con delle scritte dedicate ad ex atleti dello sport italiano che si sono particolarmente distinti a livello internazionale. Si snoda tra il Viale delle Olimpiadi e lo Stadio Olimpico al Foro Italico.

In questa intervista, racconta un suo sogno: “Quello che ogni 50 anni si possa programmare un’”Olimpiade Universale” con gare distribuite contemporaneamente su tutti i continenti, in cui il mondo si fermi”. 

Menichelli appare come un esempio di modestia e semplicità e le sue parole, schiette ed entusiaste, tradiscono la grande passione che lo ha portato a introdurre numerose innovazioni stilistiche e tecniche tanto che il suo modo di interpretare la Ginnastica sarà poi ripreso nei decenni successivi fino ad oggi; introdusse le prime combinazioni multiple di esercizi e nel corpo libero si distinse per agilità e per difficoltà delle fasi aeree delle evoluzioni, tanto che all’Olimpiade di Tokyo, in un minuto e mezzo di corpo libero, fu calcolato che rimase in aria un minuto e quindici secondi! Persino sulla tenuta fu innovativo: fu il primo ad introdurre i pantaloncini corti al posto di quelli lunghi di colore bianco. Le aspettative per una chiacchierata col “fenomeno Menichelli” sono alte… e non saranno disattese.    

Partiamo dai giorni di oggi e dal suo antico rapporto di amicizia con il dirigente ASI Alfonso Rossi che, come un sensale, ha favorito l’incontro con ASI, invitandolo all’inaugurazione dell’Olimpia Summer Camp a Roma. “Ho presenziato molto volentieri per il mio rapporto con Alfonso: lo conosco da anni e gode della mia assoluta fiducia. Del resto conoscevo già molto bene il lavoro degli Enti di Promozione Sportiva accanto a quello delle Federazioni. Sono fondamentali per incentivare la pratica sportiva, aiutare la divulgazione e stare maggiormente vicino alla base dello sport come opportunità di crescita soprattutto per i giovani. Perciò mi sono prestato molto volentieri quest’estate”.
 

(Da sinistra, Mirko Fratta, Direttore Tecnico della piscina Olimpia1, l'Assessore Elena De Santis, Alfonso Rossi Presidente di Olimpia1, Franco Menichelli e la moglie Gabriella anch'essa ex ginnasta)
Gli esordi di Menichelli non sono affatto partiti dalla Ginnastica: stiamo parlando di 3 fratelli e un pallone. “Io, Giampaolo e Mario. Tutti e tre eravamo appassionati di calcio: giocavamo e ci divertivamo essenzialmente; uno dei miei fratelli, il maggiore, ha poi proseguito intraprendendo una carriera vera e propria nel calcio, da attaccante, mentre io, pur divertendomi molto, non avevo probabilmente quelle caratteristiche che mi potevano consentire di emergere: essenzialmente avevo un buon piede sinistro, ma nulla di più. In ogni caso è uno sport che mi piace molto, è una mia vecchia passione e ci gioco ancora oggi molto volentieri”. 

L’avvicinamento alla Ginnastica è stato quindi casuale? 
“All’età di 11 anni ho incontrato per caso un giorno due ragazzi, amici di mio fratello maggiore, che facevano Ginnastica e che cercavano ragazzi più piccoli per una nuova nascente società; era il 1952 e io non conoscevo affatto la Ginnastica: all’epoca non c’erano molte palestre a disposizione e io ero tra l’altro piccolo per conoscere questa disciplina; una domenica andai a trovarli in palestra, più incuriosito che altro, accompagnato da mio fratello più grande. Erano stati colpiti dal mio fisico apparentemente adeguato alla Ginnastica e io mi ritrovai, senza saperlo, presso quella che sarebbe diventata l’Associazione Ginnastica Romana, il cui allenatore e fondatore era Gian Luigi Ulisse, che poi divenne a tutti gli effetti il mio allenatore. Anche mio fratello iniziò ad allenarsi insieme a me, ma, all’epoca, essendo il più grande, c’era bisogno in famiglia del suo contributo lavorativo, perciò continuai soltanto io”.

Quell’estate a Bolsena in cui il Circo era più attraente del lago. 
“Trascorrevo spesso le mie estati a Bolsena perché mio padre era originario di lì e lì avevamo tutto un ramo della famiglia. Io poi, che ho sempre adorato muovermi, praticare sport in generale, mi trovavo a mio agio al lago e nella natura che lo circondava. In particolare adoravo il Circo che tutte le estati si fermava in zona: un’estate, avevo solo 7 anni, rimasi affascinato nel vedere dei numeri di ginnastica acrobatica e mi attrassero a tal punto che presi a intrufolarmi agli allenamenti degli acrobati per vederli nella preparazione dei loro esercizi; imparai da solo, soltanto osservandoli, a fare “il salto della scimmia” cioè il Flic Flac; a me sembrava tutto molto naturale, facile e divertente, con lo sfondo del lago e sulla sabbia della spiaggia; i responsabili del Circo, invece, impressionati, chiamarono mio zio, il fratello di mio padre presso il quale mi trovavo in quei giorni mentre mio padre lavorava a Roma; gli chiesero se potevo entrare a far parte del loro gruppo acrobatico. Il diniego fu naturalmente immediato, ma si vede che il destino era quello se pochi anni dopo mi sono poi comunque ritrovato presso l’Associazione Ginnastica Romana”.

Si dice che sia stata una rivalità con un altro ginnasta, Angelo Guidarelli, a darle la spinta definitiva. 
“Io ho sempre proceduto un passo alla volta, fissandomi ogni volta un nuovo obiettivo e in quei miei primi anni di agonismo la società a cui appartenevo era nuova, i suoi membri avevano voglia di emergere e io con loro; c’era rivalità tra le associazioni e io mi ritrovavo sempre Guidarelli (esponente di un’altra società) nella mia categoria e sempre avanti a me: io arrivavo sempre secondo o terzo e lui davanti a me; si innescò in me un meccanismo di rivincita per cui il mio obiettivo del momento divenne batterlo. Nel ’56 a Varese finalmente vinsi per la prima volta su di lui; di lì a poco cambiai obiettivo e il successivo fu il Campionato Allievi, poi la squadra nazionale e così via, uno dopo l’altro. Gli obiettivi progressivi costituivano per me lo stimolo maggiore a continuare… insieme alla costante ricerca del divertimento in quello che facevo”.

A 16 anni il primo titolo italiano: a questo punto sentì finalmente che la Ginnastica era la sua strada? 
“Ho sempre fatto Ginnastica per diletto: mi divertivo, ma questo non significa che non prendessi le cose seriamente; come ho detto mi è sempre piaciuto muovermi, praticare sport e ho sempre cercato di mantenere questo lato piacevole anche se volevo fortemente arrivare alla squadra nazionale. Con il primo Titolo italiano Esordienti a Stresa avevo avuto il mio primo contatto con la squadra nazionale e tutti iniziarono a puntare gli occhi su di me, in particolare Romeo Neri che era il Direttore Tecnico della Nazionale Italiana di Ginnastica Artistica nel 1957. Il 13 giugno 1958, a Bologna, ho esordito in Nazionale. Ero giovanissimo ed emozionatissimo e in breve rimasi coinvolto, risucchiato dai preparativi per l'Olimpiade di Roma del ’60”.

Quest’anno ricorre l’anniversario dei sessant’anni dall'Olimpiade di Roma del 1960.
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Ricordo che avevo compiuto gli anni da pochi giorni e arrivare alle Olimpiadi per me era già aver realizzato un sogno. Le Olimpiadi del tempo erano molto diverse da come sono oggi: non avevamo sponsor, non c’era una grande ingerenza delle televisioni… si trattava più puramente di un discorso decubertiano, con una gran voglia di partecipare all’evento che in quell’era rappresentava davvero l’unione dei popoli; non essendoci tutti i mezzi che ci sono oggi nell’era della globalizzazione, allora questo era un modo per conoscere culture da tutto il mondo e che in una grande festa si ritrovavano tutte concentrate in un unico posto: era la scoperta del mondo, delle civiltà e della cultura più lontane, come per me erano all’epoca il Giappone e la Russia. E tutto questo io potevo averlo nella mia città".

Cosa ha voluto dire ritrovarsi a 19 anni dentro le Terme di Caracalla con gli occhi del mondo puntati addosso? 
“Il mondo della Ginnastica in Italia all’epoca era duro: la Russia dominava su tutto, il Giappone si divideva con l’Urss i primi posti; con le due Germanie e con tutto il mondo dell’Est era difficile spuntarla; noi giocavamo in casa, ma eravamo perfetti sconosciuti, in difficoltà in campo internazionale e col gravoso compito di cercare di riportare in Italia delle medaglie che mancavano da quasi trent’anni: l’ultima medaglia olimpica dell’Italia infatti era stata conquistata a Los Angeles nel 1932. Come squadra nazionale avevamo appena cominciato ad avere qualche conferma, stavamo cominciando a condurre la Ginnastica italiana fuori da un periodo molto buio, ma sugli spalti c’erano soprattutto stranieri, non c’erano bandiere italiane, non c’era un gran tifo o sostegno per noi. Avemmo dei successi meritatissimi che preludevano a qualcosa di più duraturo che avremmo costruito negli anni successivi: in quell’edizione avevamo una bella squadra tanto che riuscimmo ad arrivare terzi, preceduti solo da mostri sacri quali Giappone e Unione Sovietica. Io personalmente vinsi due medaglie di bronzo: la prima nel concorso generale a squadre assieme a Giovanni e Pasquale Carminucci, Gianfranco Marzolla, Orlando Polmonari ed Angelo Vicardi; la seconda nel corpo libero”.

Molti atleti dopo aver conquistato una medaglia olimpica rallentano o non riescono comunque a mantenere lo standard: lei invece ha continuato a crescere, inseguendo altre medaglie olimpiche e oltre. 
“Come ho detto, ho sempre lavorato per obiettivi, quindi, fatta la prima Olimpiade, ho cominciato a pensare alla seconda; con la seconda ero un po’ più convinto, ero più vicino ai migliori perché tra le 2 Olimpiadi c’era stata tutta una storia di confronti che hanno dato conferme a me e alla squadra: abbiamo tutti continuato ad allenarci duramente facendo impressionanti progressi tecnici fino ad arrivare all’Olimpiade di Tokyo nel 1964. Diciamo che la prima Olimpiade è stata quella della sorpresa, dello stupore, mentre la seconda è stata quella della consapevolezza”. 

Quali sono stati i risultati raggiunti nei 4 anni tra la prima e la seconda Olimpiade?
“Neanche un anno dopo l’Olimpiade di Roma, nel 1961, in Lussemburgo, vinsi l’Oro nella specialità del corpo libero ai Campionati Europei; l’anno dopo, ai Mondiali di Praga, arrivai terzo nel corpo libero esattamente come all’Olimpiade e raggiunsi il secondo titolo italiano assoluto; poi nel ’63 agli Europei vinsi l’Oro al corpo libero e il Bronzo alle parallele e ai IV Giochi del Mediterraneo a Napoli vinsi l’Oro al concorso a squadre, al volteggio e al corpo libero e per la terza volta divenni Campione Italiano”.  

Che Olimpiade è stata quella di Tokyo nel 1964? E’ stato calcolato che in 1 minuto e mezzo di corpo libero lei rimase in aria 1 minuto e 15 secondi. E fu Oro. 
“Si prospettava molto complicata come Olimpiade: sentivamo il peso di trovarci nel regno della Ginnastica: il Giappone. Come se non bastasse nella classifica di specialità dell'esercizio al corpo libero dovevo battere il campione di casa Yukio Endō, campione del mondo in carica e fresco vincitore della medaglia d'oro nel concorso generale individuale".

Menichelli, sorteggiato a gareggiare per ultimo, compie il capolavoro della sua carriera: grazie a delle combinazioni non più singole ma multiple che agganciano una difficoltà all'altra, impressiona talmente la giuria che non può non assegnargli la medaglia d'oro. Il suo modo di interpretare la ginnastica artistica sarà poi ripreso nei decenni successivi. 

Una grande prova…
"Cercai di dare il meglio come al solito e ci riuscii mostrando per la prima volta alla giuria delle combinazioni multiple, non più singole come venivano eseguite fino a quel momento”.

Dopo aver collezionato un medagliere degno di uno dei più grandi ginnasti di sempre cosa l’ha fermata?
“Sicuramente l’infortunio che ho avuto all’Olimpiade di Città del Messico ha segnato un momento cruciale: durante la fase finale del corpo libero, puntando i piedi a terra, sentii un dolore lancinante. Mi ero rotto il tendine d’Achille. Ma mentre arrivavano i soccorsi la giuria mi assegnava comunque un punteggio di 9,30. In ogni caso, risolto il problema fisico, ho ricominciato ad allenarmi e anche a tornare in gara; il mio sogno era fare Monaco ’72 divertendomi, senza troppi pensieri e invece la stampa cominciava a pressarmi troppo inseguendo il risultato. Il mio umore quindi stava già cambiando e poi la pennellata finale e decisiva l’ha data mia figlia Cristiana: nel 1972 durante una competizione internazionale, Italia – Cecoslovacchia, che si svolgeva a Varese, subito prima di iniziare un esercizio al cavallo con maniglie, sentii dalle tribune “Forza papà!”. Capii che era ora di smettere e di dedicarmi alla famiglia. Fu la mia ultima gara in nazionale”.

Cosa è stata la sua vita dopo? 
“Qui è cominciato un nuovo capitolo della mia vita. Negli anni che sono venuti dopo ho ricoperto tanti ruoli e vissuto una vita piena; ho fatto il tecnico della Nazionale, mi sono diplomato ISEF ed ho insegnato educazione fisica alle scuole superiori per 20 anni e sono giunto ai giorni d’oggi facendo l’allenatore e gestendo una palestra”.

Quali sono le esperienze che hanno segnato la sua “seconda” vita?
“Sicuramente la scuola e l’insegnamento hanno lasciato un ricordo indelebile: per 20 anni sono cresciuto accanto a famiglie e ragazzi con i quali conservo un rapporto ancora oggi. E’ stata sicuramente un’esperienza di vita particolare grazie alla vicinanza con i ragazzi ed i colleghi e grazie ai grandi risultati che insieme abbiamo ottenuto. Pensi che senza alcun tipo di contributo dalle istituzioni siamo riusciti a costruire un centro sportivo all’interno dell’istituto scolastico; ci tassammo tutti: famiglie, colleghi insegnanti; e i genitori dei ragazzi, oltre al danaro, diedero il consenso e si costituirono in un comitato. L’unica cosa che chiesi a politici e istituzioni fu di non intralciarci ed avallare il nostro operato. Lo sa quanto ci abbiamo messo? Un anno! In un solo anno abbiamo completato l’opera ed abbiamo avuto a disposizione centro sportivo completo di campetti polivalenti. Indubbiamente l’impresa è la migliore testimonianza della coesione che avevamo saputo creare e che ancora oggi ritrovo negli occhi dei miei ex alunni”.

Qual è, tra le tante, la medaglia che ha contato di più per lei e perché? 
“Più che un’unica medaglia direi che ricordo con particolare emozione un evento: le Olimpiadi di Roma sono state speciali, ma gli Europei di Anversa del ’65 mi sono rimasti nel cuore perché raggiunsi un successo mai eguagliato nella ginnastica italiana maschile: conquistai il titolo assoluto con 3 primi posti (corpo libero, anelli, sbarra) e un bronzo alle parallele; 4 podi in una sola competizione internazionale era una cosa che non si era mai vista e anche in seguito non si vedrà mai più se non in campo femminile nel 2007 con Vanessa Ferrari”.

Fisico, spirito e talento: elementi necessari per costruire un campione di qualunque disciplina. E nella Ginnastica? Quale è il più importante e cos’altro serve?
“Effettivamente queste cose sono fondamentali: io fui notato la prima volta proprio per il mio fisico adatto, quanto allo spirito adatto io ho sempre adorato il movimento in genere ed ho sempre ricercato un certo divertimento in tutto quello che facevo. Per quel che riguarda il talento poi credo che una predisposizione sia necessaria e che renda tutto più facile come quando da bambino ho imparato da solo a fare il Flic Flac osservando gli atleti del Circo. Ma ci sono moltissime altre cose che contano nella Ginnastica: ad esempio devi essere convinto di fare bene e trovarti nella condizione di non pensare ad altro”. 

Com’è la Ginnastica per i ragazzi di oggi?
“Purtroppo vedo poco che ci si diverta in palestra: dobbiamo pensare che ai miei tempi noi avevamo la strada che era il nostro campo di battaglia per correre, giocare, arrampicarsi, magari anche farsi male, ma misurandosi con le proprie capacità. Ci divertivamo così. Oggi questo non può più esserci e, se deve essere lo sport a sostituirlo, i ragazzi devono potersi divertire. Invece non mi sembra che questo avvenga molto. I genitori sono spesso presenti e inevitabilmente almeno un po’ il naso ce lo mettono. Del resto oggi i ragazzi devono essere accompagnati, non hanno la possibilità di muoversi liberamente come facevamo noi”.

Parliamo della “sua“ Ginnastica, quella innovativa, quella che le ha fatto guadagnare un 9.30 olimpico nonostante la rottura del tendine d’Achille; quella che l’ha portata ad elaborare combinazioni non più singole, ma multiple, sconosciute all’epoca; quella che all’Olimpiade di Tokyo, in un minuto e mezzo di corpo libero, la fece rimanere in aria circa un minuto e quindici secondi; e quella che, perché no, le ha fatto portare innovazione anche nella tenuta introducendo i pantaloni corti. Possiamo parlare dell’inizio della Ginnastica moderna? 
“Questo scarto evolutivo della Ginnastica c’è effettivamente stato ed è stato il punto chiave della squadra del ’60; è nato essenzialmente dal divertimento di noi ragazzi in palestra: facevamo prove senza sosta e inventavamo in continuazione perché la materia ci piaceva, ci coinvolgeva e insieme ci divertivamo. Insomma eravamo come un gruppo di amici che gioca in palestra. Oggi per seguire una squadra servono medici, psicologi, trainer di specialità diverse: all’epoca eravamo solo noi; e la creatività che ci ha portato i risultati nasceva dal fatto che insieme ci divertivamo. Semplicemente”.

Perché secondo lei la Ginnastica non ha un seguito di pubblico pari ad altri sport più popolari? 
“La Ginnastica non può avere un pubblico troppo vasto, deve rimanere una chicca: perché è più difficile, meno intuitiva di tanti altri sport; va conosciuta nei dettagli tecnici per poter essere apprezzata… Se non si conoscono le basi difficilmente si può trovare un trasporto per la disciplina. Non è come il Calcio che fondamentalmente è un gioco e la sua finalizzazione è facilmente intuibile. Ancor più difficile è poi accorgersi delle differenze di esecuzione tra un atleta e un altro”.

Lei è figlio del gestore di un bar a Roma, quindi ha vissuto la Città Eterna a partire da quando era bambino o ragazzo negli Anni ‘50 e ‘60. Cosa manca a Roma, oggi, rispetto al passato? 
“Allora la gioventù era libera davvero: oggi un giovane difficilmente può scoprire Roma in libertà: ci sono pericoli ovunque e il traffico… Io da ragazzino quando finivo le lezioni a scuola e non sapevo come impiegare il tempo, andavo a correre verso il Centro, poi magari verso il Pantheon o un’altra zona e andavo alla scoperta di Roma; non avevo i genitori che mi portavano: prendevo e andavo a fare una corsa da solo. Io me la sono goduta davvero Roma. Oggi Roma è ancora troppo troppo bella; ma poco vivibile”.

L’attuale pandemia ha provocato lo slittamento delle Olimpiadi e a tutt’oggi la nuova data prescelta non è sicura.
“Spero davvero che le Olimpiadi si potranno svolgere, ma diventa tutto molto difficile per via del periodo e di conseguenza non facile da godere. Tutto questo costituisce una vera e propria menomazione allo spirito delle Olimpiadi: dovrebbero essere la manifestazione più libera e ormai invece è difficile che lo sia: tra terrorismo, politica, pandemia, c’è sempre un motivo di tensione; non è più la festa intesa come chiave di rinnovamento. Io amo le Olimpiadi e il loro valore fortemente culturale e simbolico di unione tra i popoli. Il mio sogno è che ogni 50 anni si possa programmare un’”Olimpiade Universale” con gare distribuite contemporaneamente su tutti i continenti, in cui il mondo si fermi per 15 giorni per godersela appieno: una vera festa sportiva”.

 

 
La moglie di Menichelli? Una ginnasta…
Alla scoperta di Gabriella Pozzuolo 

Gabriella Pozzuolo, moglie di Franco Menichelli, è stata anch’essa una ginnasta di prim’ordine; a 9 – 10 anni entra in palestra su prescrizione del medico che consiglia alla madre questo percorso per combattere l’asma della bambina. Presto Gabriella si appassiona alla Ginnastica e dopo quattro o cinque anni, quando l’asma scompare, lei si ritrova, giovanissima, in Nazionale: dopo l'Olimpiade di Roma del 1960, infatti, la squadra femminile necessitava di un ricambio in quanto le atlete avevano raggiunto un’età che non avrebbe consentito loro un’altra Olimpiade. 
Nel ’62 l’incontro con Franco Menichelli e nel 1964 Gabriella diviene Campionessa Italiana assoluta; nel 1968 fa parte della nazionale femminile che partecipa ai Giochi di Città del Messico. Quell’Olimpiade quindi segnò l’esordio per Gabriella in una manifestazione del genere, e contemporaneamente l’inizio della parabola di discesa per Franco a causa dell’infortunio occorsogli proprio in quell’occasione. 
L’incontro con Franco Menichelli era avvenuto nel 1962 per un caso fortuito: il Direttore Tecnico della Nazionale, da Coverciano dove era in raduno, mandò Gabriella a Roma, presso gli impianti dell’Acqua Acetosa, dove era presente anche la squadra maschile; durante una gara Italia – Polonia, Franco era impegnato nelle prove e la squadra femminile era sugli spalti; dopo uno scambio di sguardi in breve sbocciò l’amore tra i due ragazzi che avevano all’epoca 16 anni lei e 21 lui e che da allora non si sono più lasciati. Oggi, dopo quasi 60 anni di vita insieme, gestiscono una palestra a Roma.
 

 

 
L’incredibile palmarès di Franco Menichelli

1960, Campionati nazionali, Concorso generale individuale. Oro

1960, Giochi Olimpici, Roma, Corpo libero. Bronzo
1960, Giochi Olimpici, Roma, Concorso a squadre. Bronzo
1961, Europei, Lussemburgo, Corpo libero. Oro

1961, Europei, Lussemburgo, Volteggio. Argento

1961, Europei, Lussemburgo, Parallele. Bronzo1962, Campionati nazionali, Concorso generale individuale. Oro

1962, Mondiali, Praga, Corpo Libero. Bronzo

1963, Campionati nazionali, Concorso generale individuale. Oro

1963, Europei, Belgrado, Corpo libero. Oro

1963, Europei, Belgrado, Parallele. Bronzo
1963, Giochi del Mediterraneo, Napoli, Concorso generale individuale. Bronzo


1963, Giochi del Mediterraneo, Napoli, Anelli. Bronzo
1963, Giochi del Mediterraneo, Napoli, Squadre. Oro


1963, Giochi del Mediterraneo, Napoli, Corpo libero. Oro

1963, Giochi del Mediterraneo, Napoli, Volteggio. Oro
1964, Campionati nazionali, Concorso generale individuale. Oro


1964, Giochi Olimpici, Tokyo, Anelli. Argento
1964, Giochi Olimpici, Tokyo, Parallele. Bronzo
1964, Giochi Olimpici, Roma, Corpo libero. Oro

1965, Campionati nazionali, Concorso generale individuale. Oro

1965, Europei, Anversa, Concorso generale individuale. Oro

1965, Europei, Anversa, Corpo libero. Oro

1965, Europei, Anversa, Anelli. Oro

1965, Europei, Anversa, Sbarra. Oro

1965, Europei, Anversa, Parallele. Argento
1966, Campionati nazionali, Concorso generale individuale. Oro


1966, Mondiali, Dortmund. Corpo libero. Bronzo
1966. Mondiali, Dortmund, Anelli. Bronzo
1967, Europei, Tampere, Corpo libero. Argento
1967, Europei, Tampere, Parallele. Argento
1967, Europei, Tampere, Concorso generale individuale. Bronzo
1967, Europei, Tampere, Sbarra. Bronzo
1967, Giochi del Mediterraneo, Tunisi, Squadre. Oro
1967 , Giochi del Mediterraneo, Tunisi, Corpo libero. Oro
1967, Giochi del Mediterraneo, Tunisi, Anelli. Oro
1967, Giochi del Mediterraneo, Tunisi, Sbarra. Oro
1967, Giochi del Mediterraneo, Tunisi, Volteggio. Oro
1967, Giochi del Mediterraneo, Tunisi, Concorso generale individuale. Argento
1967. Giochi del Mediterraneo, Tunisi, Cavallo. Bronzo

2003, E’ stato inserito nella hall of fame internazionale della ginnastica (International Gymnastics Hall of Fame)
2015, Collare d’Oro al merito sportivo
2015 Una targa a lui dedicata viene inserita nella Walk of Fame dello sport italiano al Foro Italico a Roma.

 

LA GINNASTICA ARTISTICA MASCHILE


Si tratta di una disciplina olimpica che, nella sua parte maschile, prevede sei differenti specialità date da sei differenti attrezzi sui quali il ginnasta può eseguire i suoi esercizi. Il risultato agonistico è determinato dalla somma dei punteggi ottenuti ai vari attrezzi (concorso generale) oppure dal punteggio ottenuto in uno solo di questi (finale di specialità). Gli esercizi vengono valutati in base alla complessità tecnica, alla precisione e all’eleganza dell’esecuzione.

Cavallo con maniglie – Qui l’esecutore ha il compito di muovere il corpo rispetto ad una superficie molto particolare, per dimensioni e conformazione, ed escludendo completamente l’intervento degli arti inferiori. Tutti gli esercizi sono infatti eseguiti in appoggio sulle braccia e prevedono movimenti rotatori (mulinelli) e pendolari (forbici).
    
Volteggio – Si tratta di una specialità altamente dinamica che mette in risalto le doti acrobatiche dell’esecutore.
Consiste in una rincorsa di 25m al massimo, di una battuta a piedi pari su una pedana elastica, della posa delle mani su una superficie chiamata “tavola” posta a 135 centimetri da terra e di una conseguente fase di volo in cui l’esecutore esegue rotazioni rispetto ai vari assi del corpo. 

Anelli – Sono l’unico attrezzo di tutta la ginnastica in cui il contatto dell’esecutore con l’attrezzo, cioè la presa delle mani sugli anelli, resta immutato per tutto l’esercizio. Le esecuzioni prevedono sia fasi dinamiche (in ap

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